New York, 20 novembre 2025 – I dazi antidumping del 91,74% sulla pasta italiana importata negli Stati Uniti, annunciati a settembre, non sono ancora stati messi in pratica. Da allora è partita una finestra di 120 giorni per presentare ricorso. La procedura, conferma Lucio Miranda, presidente di ExportUsa, è ancora aperta e il futuro della pasta italiana sul mercato americano resta in bilico.
Dazi antidumping: la situazione resta in sospeso
Miranda, intervistato da Adnkronos/Labitala, spiega che sommando il nuovo dazio al già esistente dazio reciproco del 15%, il carico totale sulle importazioni di pasta italiana negli Usa potrebbe sfiorare il 107%. Una soglia che, se confermata, metterebbe a dura prova le aziende italiane del settore. “Se guardiamo ai prezzi nei supermercati americani – dice Miranda – è difficile pensare che i produttori italiani facciano dumping”. In Italia, mezzo chilo di pasta costa circa 1 euro o 1,10 euro; negli Stati Uniti, un pound (454 grammi) si vende tra 2,50 e 3,20 dollari. “Sembra improbabile che ci sia un ribasso artificiale”, aggiunge il presidente di ExportUsa.
Perché gli Stati Uniti hanno deciso i dazi
Dai documenti del Dipartimento del Commercio americano emerge che alcune aziende italiane, sottoposte a controllo, non avrebbero fornito tutte le informazioni richieste. In certi casi, la documentazione è stata presentata solo in italiano. Queste imprese sono state così etichettate come “uncooperative”, cioè non collaborative. “Crediamo che i dazi siano stati messi più per questa mancanza di collaborazione che per reali pratiche di dumping”, spiega Miranda. La linea del Dipartimento è chiara: “Se non dimostri che non fai dumping, ti metto il dazio”.
L’Italia e il suo peso nel mercato Usa della pasta
Nel 2024, dice Miranda, l’Italia ha esportato negli Usa pasta per circa 750 milioni di dollari, su un mercato complessivo che vale 6,2 miliardi. Le importazioni totali di pasta negli Stati Uniti sono intorno a 1,8 miliardi: l’Italia copre quindi quasi il 40% del mercato americano. Un comparto che, per valore e tradizione, merita – secondo gli addetti ai lavori – una tutela forte e organizzata.
Ricorsi aperti: cosa serve fare
La finestra dei 120 giorni per il ricorso è ancora aperta. Miranda sottolinea che serve precisione: “Un ricorso ben fatto e presentato entro i tempi può davvero cambiare le cose”. Se il problema è stata la presunta mancata collaborazione delle aziende italiane, allora bisogna dimostrare il contrario in modo chiaro e senza sbavature. “Vale la pena provarci, ma bisogna muoversi in fretta perché il tempo stringe”, avverte.
Cosa rischiano consumatori e produttori
Se questi dazi entreranno in vigore, avranno un impatto diretto su produttori e consumatori. I prezzi della pasta italiana negli Usa sono già più alti rispetto all’Italia. Con i nuovi dazi, la pasta italiana rischia di diventare un prodotto raro, presente solo in pochi negozi o a prezzi proibitivi sugli scaffali americani.
Il futuro della pasta italiana negli Stati Uniti è in bilico
Per ora la partita è ancora aperta. Le aziende italiane hanno ancora qualche settimana per inviare documenti e dimostrare la loro collaborazione alle autorità americane. Solo allora si capirà se la pasta italiana continuerà a essere un punto fermo sulle tavole degli Stati Uniti o se dovrà affrontare una nuova fase di difficoltà. Nel frattempo, tra produttori e importatori cresce l’attesa – e anche una certa preoccupazione – per l’esito di questa lunga procedura.
