Roma, 20 novembre 2025 – Come si fa impresa e ricerca negli Stati Uniti? È questa la domanda che ha animato il dibattito di ieri al Centro Studi Americani di Roma, durante la quarta edizione del Festival della Cultura Americana. Un gruppo di esperti, guidato da Gianni Todini, direttore di Askanews, ha messo a fuoco sfide e opportunità per chi vuole lavorare e innovare tra Italia e USA. Un confronto vivace, fatto di esperienze sul campo e punti di vista diversi, che ha coinvolto rappresentanti di aziende, istituzioni e università.
Scienza, tecnologia e business: un legame sempre più stretto
Al centro della discussione c’è stata la relazione tra scienza, tecnologia e business. Paolo Gaudenzi, consigliere per la Cooperazione Scientifica al Consolato Generale d’Italia a Boston, ha spiegato: “Il nostro modo di lavorare si basa sul fatto che questi tre elementi sono inseparabili. La scienza, attraverso la tecnologia, serve la comunità e crea benessere”. Secondo Gaudenzi, negli Stati Uniti questa contaminazione tra mondi diversi è vista come una risorsa preziosa.
Collegata da Boston, Clara Andreoletti, amministratrice delegata di Eni Next, ha raccontato l’esperienza della sua azienda nel campo delle energie pulite: “Qui c’è un dialogo costante tra scienziati e professori. Anche chi è molto preparato non smette mai di confrontarsi. Da questo nascono nuove soluzioni per il mercato delle energie rinnovabili”. Un modello fondato sulla collaborazione continua e sulla formazione permanente.
Le imprese italiane negli Stati Uniti: un gioco di squadra
La presenza italiana negli Stati Uniti si gioca su più livelli. Erica Di Giovancarlo, direttrice coordinatrice della Rete Usa per l’Italian Trade Agency, ha sottolineato l’importanza di fare sistema: “Il Sistema Italia – dal Ministero degli Affari Esteri a Ice, Sace, Simest, Cassa Depositi e Prestiti e Camere di Commercio – lavora insieme per aiutare le aziende italiane a entrare nei mercati esteri”. Secondo Di Giovancarlo, condividere competenze e risorse è la chiave per superare le difficoltà e rafforzare la presenza italiana oltreoceano.
Davide Allegra, advocacy & Business Services Manager dell’American Chamber of Commerce in Italy, ha puntato l’attenzione sulla cooperazione tra i due Paesi: “Abbiamo creato uno spazio dove aziende italiane e americane si incontrano sei o sette volte all’anno, anche in modalità mista. A fine incontro prepariamo un documento che raccoglie idee e problemi emersi”. Un lavoro che mira a rafforzare i legami economici tra Italia e Stati Uniti.
Formazione e università: due modelli a confronto
Sul tema della formazione è intervenuto Giorgio Resta, prorettore pro-tempore dell’Università Roma Tre. Ha spiegato come il sistema americano spinga gli studenti a “pensare fuori dagli schemi”, anche in settori tradizionali come la giurisprudenza: “Negli Stati Uniti si insegna a cambiare il mondo. Da noi si punta più a conoscere e applicare le regole, piuttosto che a ripensarle”. Una differenza culturale che incide anche sulla capacità di innovare.
Matteo Lai, fondatore e CEO di Empatica, ha raccontato l’esperienza della sua azienda nel campo delle tecnologie indossabili: “Abbiamo creato strumenti innovativi grazie a un rapporto molto stretto tra tecnologia e persone. È la condivisione che fa davvero la differenza”. Per Lai, il dialogo tra competenze diverse è fondamentale per mettere sul mercato prodotti utili e competitivi.
Cervelli in fuga e la cultura d’impresa che manca
Sul tema del brain drain, Alessandro Vespignani, direttore fondatore del Northeastern Network Science Institute, ha lanciato una riflessione dura ma chiara: “Il problema non è perché le persone lasciano l’Italia, ma perché qui mancano le opportunità”. Vespignani ha poi rilanciato il tema della cultura d’impresa: “Negli Stati Uniti fare impresa è parte della cultura nazionale. In Italia, invece, c’è ancora una frattura tra cultura umanistica e scientifica. Finché non supereremo questo divario, sarà dura colmare il gap”.
Il confronto romano ha fatto emergere un punto chiaro: per affrontare le sfide che verranno serve dialogo, scambio tra mondi diversi e una visione aperta al cambiamento. Solo così – hanno concordato i relatori – si potranno costruire ponti solidi tra Italia e Stati Uniti nei campi dell’innovazione, della ricerca e dell’impresa.
