Roma, 20 novembre 2025 – Questa mattina, all’ingresso del Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha adottato un atteggiamento prudente di fronte alle domande dei giornalisti. Al centro della scena ci sono le voci su un possibile piano degli Stati Uniti per la pace in Ucraina, ma per ora tutto resta avvolto nel riserbo. Tajani ha chiarito che si tratta solo di “indiscrezioni giornalistiche” e che ogni giudizio arriverà solo dopo una presentazione ufficiale. “Quando sarà il momento, faremo un’analisi dettagliata”, ha detto, sottolineando l’importanza di muoversi con cautela.
Europa, la partita ucraina non si gioca da sola
Per Tajani, il punto cruciale è il ruolo che l’Unione Europea dovrà avere negli sviluppi diplomatici futuri. “Come abbiamo sempre detto, anche l’Europa deve fare la sua parte”, ha rimarcato il ministro, lasciando intendere che nessuna soluzione potrà essere imposta dall’alto senza un confronto con Bruxelles. In queste settimane, tra le capitali europee si discute della possibilità che Washington stia preparando una nuova proposta per avviare negoziati tra Kiev e Mosca. Ma finora nessun documento ufficiale è trapelato.
Fonti diplomatiche italiane, contattate in mattinata, hanno confermato che “non ci sono al momento elementi concreti” per prendere una posizione definitiva. Solo dopo una presentazione formale – hanno spiegato – si potrà valutare nel dettaglio il piano statunitense e le sue implicazioni.
L’Ucraina, scudo di sicurezza per l’Europa
Nel suo intervento, Tajani ha ribadito un concetto già più volte espresso dal governo italiano: l’Ucraina è una barriera di sicurezza per il continente. “Se l’Ucraina dovesse cadere, i rischi per l’Europa crescerebbero e noi non possiamo né accettarlo né permetterlo”, ha dichiarato con tono deciso, senza scivolare in allarmismi. La linea italiana, in sintonia con la maggioranza dei partner europei, resta quella di sostenere Kiev, sia sul piano politico che militare.
Secondo fonti della Farnesina, la preoccupazione più grande è che un eventuale cedimento ucraino apra nuovi scenari di instabilità ai confini orientali dell’Unione. “Non è solo una questione di solidarietà – ha confidato un funzionario – ma di sicurezza collettiva”.
Bruxelles in fermento: tra dubbi e la spinta all’unità
La questione Ucraina domina ancora l’agenda del Consiglio Affari Esteri. Nella sala riunioni del Justus Lipsius Building, a Bruxelles, i ministri hanno discusso a porte chiuse delle ultime novità sul terreno e delle strategie da mettere in campo insieme. Da quanto si è saputo, alcuni delegati hanno espresso preoccupazione per il rischio di una “stanchezza occidentale” nel sostenere Kiev, mentre altri hanno sottolineato l’importanza di mantenere alta la pressione diplomatica su Mosca.
Un diplomatico francese, intercettato nei corridoi prima dell’inizio della riunione, ha detto che “l’unità europea resta fondamentale”, anche se non tutte le posizioni sono allineate. La Germania, per esempio, spinge per un coordinamento più stretto con gli Stati Uniti, mentre Polonia e Paesi baltici chiedono garanzie più solide sulla sicurezza dei confini orientali.
Sguardo al futuro: attesa e cautela
Per ora, il governo italiano preferisce aspettare segnali concreti prima di farsi avanti con ipotesi di negoziato. Tajani lo ha ribadito anche ai colleghi europei: “Serve prudenza, ma anche fermezza”. Nei prossimi giorni sono previsti nuovi incontri tecnici tra i rappresentanti dei principali Paesi UE e funzionari statunitensi. Solo allora – spiegano fonti diplomatiche – si capirà se davvero esista un piano americano pronto per essere discusso.
Nel frattempo, in Ucraina la situazione resta tesa. Nella notte sono continuati i bombardamenti nell’area di Kharkiv e lungo la linea del fronte nel Donbass. L’ultimo bollettino dello Stato Maggiore ucraino parla di scontri ancora molto intensi. Un quadro che, agli occhi di Roma e Bruxelles, rende ancora più urgente trovare una via d’uscita credibile al conflitto.
Il prossimo Consiglio europeo, in programma tra due settimane, potrebbe essere il primo banco di prova per verificare la tenuta dell’unità europea e capire quanto valgano davvero le proposte americane. Fino a quel momento, la parola d’ordine resta una sola: cautela.
