Roma, 21 novembre 2025 – Sono passati trent’anni dal genocidio di Srebrenica, ma la Bosnia-Erzegovina resta una terra lacerata da profonde divisioni politiche, identitarie e culturali. È questo il quadro che emerge da “Zemlja – La memoria divisa. La terra che ricorda, la terra che dimentica”, un documentario indipendente realizzato dai giornalisti Tatjana Đorđević e Joshua Evangelista, con le immagini di Nicolino Sapio. Quaranta minuti che sono stati proiettati per la prima volta in Italia il 19 novembre, in mattinata, nell’aula “Vittorio Bachelet” del Dipartimento di Scienze Politiche della Sapienza di Roma. A seguire, studenti, docenti e cittadini hanno preso parte a un dibattito con gli autori e con gli esperti Renata Gravina, Alessandro Guerra, Goran Losic, Luca Micheletta e Ilaria Zavaresco.
Bosnia divisa: un viaggio tra Sarajevo, Banja Luka e Srebrenica
Il documentario segue le vite di due adolescenti, Nia e Jakša, che abitano in città diverse: Sarajevo, Banja Luka e Srebrenica. Sono giovani che crescono in mondi paralleli, separati non solo dalla geografia, ma soprattutto da scuole e racconti storici completamente diversi. In alcune classi il genocidio viene negato, in altre i criminali di guerra sono quasi eroi. Così, la memoria del conflitto diventa terreno di scontro politico e identitario. “Non c’è ancora una memoria condivisa di quello che è successo”, ha detto Tatjana Đorđević durante il confronto con il pubblico. “Le ferite vengono usate per scopi politici e i nazionalismi, invece di calare, sembrano più forti che mai”.
Voci dal campo: testimonianze di una memoria spezzata
Intorno a Nia e Jakša si intrecciano le parole di insegnanti, storici, giornalisti e attivisti come Nerma Hailović Kibrić, Sanja Kobilj, Džana Brkanić, Ismar Porić, Edvin Kanka Čudić, Selma Bajraktarović e Murat Tahirović. Le loro storie, raccolte tra scuole, piazze e luoghi simbolo, mostrano una memoria profondamente divisa. La storia recente viene spesso manipolata attraverso propaganda, monumenti, simboli e distorsioni. “La divisione nei sistemi scolastici è uno degli ostacoli più grandi alla riconciliazione”, ha aggiunto Đorđević. Per gli autori, il documentario vuole far riflettere su cosa resta dopo un conflitto e su cosa succede quando la pace non riesce davvero a sanare le ferite di una comunità.
La scuola: lo specchio delle spaccature
Il film mette in luce come i programmi scolastici cambino a seconda dell’etnia e del territorio. In alcune scuole il genocidio sparisce dai libri di testo; in altre, i responsabili delle stragi sono celebrati tra i corridoi. Gli studenti crescono così immersi in racconti opposti, senza quasi mai confrontarsi. Solo così si capisce quanto la memoria sia diventata un campo di battaglia quotidiano. “In certi casi – ha raccontato uno degli insegnanti – parlare apertamente del passato può significare rischiare l’isolamento o perfino minacce”.
Memoria e arte: tentativi di dialogo
Non mancano però segnali di speranza. Cittadini e artisti provano a costruire ponti attraverso progetti culturali e iniziative per una memoria condivisa. A Sarajevo, per esempio, alcuni laboratori teatrali cercano di avvicinare i giovani di diverse etnie attraverso l’arte. Ma la strada verso una vera riconciliazione è ancora lunga. “La propaganda continua a condizionare le nuove generazioni”, ha ammesso Edvin Kanka Čudić, attivista per i diritti umani.
Trent’anni dopo: una memoria che fatica a unire
A tre decenni dal genocidio, la Bosnia-Erzegovina resta divisa tra chi ricorda e chi preferisce dimenticare. “Zemlja” restituisce con immagini asciutte e storie raccolte tra Sarajevo e Srebrenica il senso di una memoria spezzata, difficile da ricomporre. “Abbiamo voluto raccontare cosa significa crescere in un paese dove la storia recente è ancora un terreno minato”, ha spiegato Joshua Evangelista. Gli autori sperano che il film possa riaccendere il dialogo, soprattutto tra i più giovani. Perché solo parlando, nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi della memoria, si potrà forse superare le barriere che ancora dividono la Bosnia-Erzegovina.
