Flessibilità e pensione minima: la proposta di Ricotti per una previdenza più equa

Flessibilità e pensione minima: la proposta di Ricotti per una previdenza più equa

Flessibilità e pensione minima: la proposta di Ricotti per una previdenza più equa

Matteo Rigamonti

Novembre 22, 2025

Roma, 22 novembre 2025 – Il tema delle pensioni torna a far discutere, questa volta con un appello diretto ai legislatori: “Si è parlato molto negli ultimi anni, ma si è fatto poco, soprattutto per chi ha redditi medio-bassi”. Così ha esordito Paolo Ricotti, presidente nazionale del Patronato Acli, intervenuto ieri mattina al seminario “Previdenza Next Gen” nella sede romana dell’associazione, rilanciando la questione della flessibilità in uscita dal lavoro.

Pensioni: la flessibilità che manca

Per Ricotti, la trasformazione dal sistema retributivo a quello contributivo ha lasciato in sospeso un punto cruciale: la possibilità di scegliere quando andare in pensione. “Il sistema contributivo ha sostituito quello retributivo, ma senza introdurre una vera flessibilità”, ha detto il presidente del Patronato Acli. Finora, ha aggiunto, “la flessibilità concessa è stata rigida e riservata soprattutto a chi ha redditi più alti”. In pratica, le uscite anticipate restano un privilegio di pochi, mentre la maggior parte dei lavoratori – soprattutto chi ha carriere discontinue o salari bassi – si trova a dover seguire regole poco flessibili e lontane dalle proprie esigenze.

L’idea di uscire tra i 63 e i 65 anni

Nel suo intervento, Ricotti ha rilanciato la proposta di un vero e proprio “pacchetto flessibilità”. L’obiettivo è permettere di andare in pensione tra i 63 e i 65 anni, a patto di aver versato almeno 20 anni di contributi. Un passo avanti rispetto alla riforma Dini, che però – spiega Ricotti – dovrebbe prevedere “una riduzione sull’assegno, lasciando però a ciascuno la scelta di bilanciare tempo libero e reddito”. Insomma, una decisione personale che tenga conto delle diverse storie lavorative e delle esigenze di vita. “Questa è la vera flessibilità, che nel sistema contributivo è possibile ma oggi di fatto non c’è”, ha ribadito davanti a sindacalisti, esperti e istituzioni.

Le misure sperimentali? Pochi risultati

I numeri, per Ricotti, sono chiari. Le misure sperimentali degli ultimi anni – come Quota 103 – hanno inciso poco. “Nel 2024, Quota 103 è stata scelta da appena 1.100 persone in tutta Italia”, ha ricordato il presidente del Patronato Acli. Un dato che dimostra come “non fosse davvero un’opzione accessibile”. Le condizioni richieste – un’età elevata e almeno 41 anni di contributi – hanno escluso quasi tutti, soprattutto chi ha avuto carriere spezzettate o periodi di disoccupazione.

Pensione minima: un rischio per chi ha carriere discontinue

Un altro nodo riguarda la pensione minima nel sistema contributivo. Ricotti ha lanciato l’allarme: “Quando il lavoro si interrompe per lutto, malattia o infortunio, oggi si ricevono pensioni da 100 o 200 euro al mese: cifre insostenibili”. Senza una pensione minima garantita – ha sottolineato – “non rispettiamo l’articolo 38 della Costituzione, che impone allo Stato di assicurare mezzi adeguati anche in caso di difficoltà”. Il rischio è che cresca il numero di anziani in povertà assoluta.

Il messaggio ai politici: serve una riforma vera

Il Patronato Acli chiede a gran voce di tornare a garantire un livello minimo di pensione che assicuri una vita dignitosa. “Dobbiamo ripristinare un minimo che permetta alle persone di vivere decentemente”, ha detto Ricotti rivolgendosi ai politici presenti. Serve una riforma strutturale che metta al centro le persone, non solo i conti pubblici. Finora, però, le risposte sono state a pezzi e insufficienti, ha ammesso.

Futuro aperto: flessibilità, pensione minima e attenzione ai giovani

Il seminario si è chiuso con un confronto acceso tra esperti e operatori. Sul tavolo restano proposte concrete: più flessibilità in uscita, una pensione minima garantita e una maggiore attenzione alle nuove generazioni. Solo così il sistema previdenziale italiano potrà davvero essere inclusivo. Nel frattempo, il dibattito resta aperto e la richiesta di una riforma che tenga conto delle reali condizioni dei lavoratori italiani torna a farsi sentire con forza.