Rivoluzione necessaria per affrontare i problemi irrisolti di Slow Food e le Cop

Rivoluzione necessaria per affrontare i problemi irrisolti di Slow Food e le Cop

Rivoluzione necessaria per affrontare i problemi irrisolti di Slow Food e le Cop

Giada Liguori

Novembre 22, 2025

Roma, 22 novembre 2025 – Mentre i leader mondiali si preparano a riunirsi per la Cop30 di Belém e discutere di crisi climatica e strategie per contenerla, le critiche delle associazioni ambientaliste si fanno sempre più forti. “I problemi restano irrisolti perché nessuno mette in discussione il sistema produttivo che li genera”, ha detto questa mattina Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia. Per lei, il punto centrale non è solo nelle tecnologie o nelle promesse di riduzione delle emissioni, ma nella necessità di ripensare da zero il modello economico globale.

“Serve una rivoluzione gioiosa”: il grido di Slow Food

La Cop30 rischia di essere un fallimento annunciato”, ha commentato Nappini, sottolineando come le soluzioni tecnologiche non bastino da sole. “Sta a noi scegliere modelli di sviluppo che tengano conto della vita sulla Terra”, ha aggiunto. Il messaggio è chiaro: per Slow Food, la crisi climatica nasce da un sistema economico fatto di “consumo e spreco, dominato dalla corsa al profitto”. Un sistema che, secondo la presidente, genera anche profonde ingiustizie sociali.

“Non si tratta di rinunciare al benessere”, ha insistito Nappini, “ma di mettere al centro la salute: la nostra, quella degli altri esseri viventi, e quella del pianeta”. Solo così potremo parlare di una vera “rivoluzione gioiosa”.

I sistemi alimentari sotto accusa: “Cibo che inquina e fa ammalare”

A rafforzare il discorso è intervenuta anche Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia. “I sistemi alimentari sono un esempio lampante di quello che non funziona oggi”, ha spiegato. Per Milano, si produce “cibo a basso costo e di scarsa qualità, consumando risorse e creando sprechi”. E non è un problema solo italiano: “Dall’altra parte dell’oceano la foresta amazzonica sparisce per far posto a campi di soia e mais OGM destinati agli allevamenti industriali”.

Milano ha sottolineato come, a livello globale, il cibo sia diventato “fonte di inquinamento e malattia, invece che uno strumento per nutrire e curare”. La colpa? “Sistemi alimentari dominati dalla logica dell’industria e del profitto”, ha detto senza mezzi termini.

Lobby e delegazioni: i grandi interessi a Belém

Intanto, nei corridoi dove si dovrebbe parlare di lotta alla crisi climatica, la presenza dei lobbisti dei settori agricoli, zootecnici e dei combustibili fossili è sempre più evidente. Secondo i dati della coalizione internazionale Kick Big Polluters Out (Kbpo), che raccoglie oltre 450 associazioni ambientaliste, alla Cop30 ci sono circa 1.600 lobbisti del settore fossile. Un numero che, secondo Kbpo, è quasi il doppio rispetto ai delegati ufficiali.

Un dato che non passa inosservato alle associazioni ambientaliste. “Con questo scenario – ha commentato una fonte interna a Slow Food – è difficile pensare che si possano prendere decisioni coraggiose”.

Ripartire dal cibo: la proposta di Slow Food

“Ripartiamo dal cibo”, ha concluso Serena Milano. La direttrice invita a fare scelte più consapevoli su “quello che mettiamo nel piatto”, preferendo alimenti prodotti senza inquinare la terra, senza impoverire il suolo e senza sprecare acqua. “Compriamo meno, ma meglio”, ha suggerito, rilanciando l’appello a un cambiamento concreto nelle nostre abitudini di tutti i giorni.

La sensazione, tra attivisti e osservatori a Belém, è che la strada verso una vera transizione ecologica sia ancora lunga. Eppure, tra numeri, dichiarazioni e dati ufficiali, resta forte la convinzione che solo un cambio di rotta potrà davvero cambiare il destino del pianeta.