Roma, 23 novembre 2025 – Il caso che scuote il Garante della Privacy si arricchisce di nuovi elementi dopo che Report ha diffuso un audio in cui l’ex segretario generale, Angelo Fanizza, dice di aver agito su mandato del Collegio e non da “battitore libero”. La vicenda, esplosa nelle ultime settimane, riguarda presunte irregolarità nella gestione di una fuga di dati interni e le dimissioni di Fanizza, formalizzate il 20 novembre. Intanto, cresce la pressione dei dipendenti che chiedono chiarimenti e quella politica che spinge per un cambio totale ai vertici dell’Autorità.
L’audio che mette tutto in discussione
Nell’audio pubblicato da Report, Fanizza parla durante una riunione tra dipendenti e membri del Collegio, spiegando: «Io non mi muovo come battitore libero. Il collegio mi ha dato il compito di avviare delle verifiche sulle responsabilità». Un racconto che però contrasta con la versione ufficiale del Collegio, che dopo le dimissioni ha sostenuto come Fanizza abbia agito da solo, senza avvertire gli altri.
Agostino Ghiglia, componente del Collegio, ha risposto all’ANSA: «Il Collegio ha incaricato Fanizza di fare un’indagine interna per capire se ci fossero responsabilità nella fuga di dati, ma sempre con metodi leciti e legali. Non c’è nessuna contraddizione. Report vuole distorcere la realtà». Ghiglia ha aggiunto che le dimissioni sono arrivate perché Fanizza «ha commesso un errore gravissimo inviando una lettera con richieste di cui il Collegio non sapeva nulla, e che erano illecite, proprio contro la privacy che siamo chiamati a tutelare».
La crisi che scuote l’Autorità
La tensione ai vertici dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali è salita dopo che i dipendenti hanno chiesto le dimissioni dell’intero Collegio. Una richiesta ufficiale arrivata nelle ultime ore, dopo settimane di malumori e sospetti interni. Il Collegio – nominato all’unanimità lo scorso ottobre – ha però resistito alle pressioni, accettando solo l’uscita di Fanizza.
Fonti interne dicono che la decisione di Fanizza è arrivata dopo le prime inchieste giornalistiche e l’attenzione crescente dei media. In particolare, i dipendenti erano preoccupati per come si stava cercando di scoprire chi fosse la “talpa” che aveva passato informazioni a Report.
La “pesca a strascico” che ha fatto discutere
Un punto caldo della vicenda è la richiesta fatta da Fanizza il 4 novembre: secondo quanto riporta Wired, avrebbe ordinato una vera e propria “pesca a strascico” sui dati dei dipendenti – email, accessi VPN e log fino al 2001 – per trovare chi avesse passato notizie ai giornalisti. Un ordine bloccato dal dirigente Cosimo Comella per “gravi profili di illiceità”.
In un incontro del 13 novembre, Fanizza avrebbe riferito al Collegio della sua richiesta a Comella. Quel giorno, sempre secondo Wired, il Collegio ha subito censurato l’azione, interrompendo Fanizza e sottolineando come fosse un passo sproporzionato e illegale. Guido Scorza, altro membro del Collegio, ha definito quell’iniziativa “illecita quanto quelle che di solito sanzioniamo”.
Versioni diverse e cosa succederà
Nonostante la censura interna, il Collegio non ha preso provvedimenti immediati contro Fanizza. Le dimissioni sono arrivate solo il 20 novembre sera. Ghiglia ha detto in assemblea che quasi tutto il Collegio ha condannato il comportamento dell’ex segretario. Ma nell’audio diffuso da Report, Fanizza insiste: «Si è discusso, non si è deciso se fosse il caso di coinvolgere un soggetto istituzionale come la magistratura o una società privata. E sfido chiunque a dire che io non mi sia opposto con forza all’idea che un privato potesse avere accesso a certe informazioni».
La vicenda è ancora aperta. Da un lato ci sono le richieste di trasparenza dei dipendenti e delle forze politiche, dall’altro le versioni contrastanti tra Fanizza e il Collegio. Intanto, resta il rischio che questa crisi possa minare la fiducia nell’Autorità Garante per la Privacy, proprio mentre la tutela dei dati personali è un tema sempre più caldo nel dibattito pubblico italiano.
