Bruxelles, 23 novembre 2025 – L’Unione Europea è pronta a rilanciare con una controproposta al piano di pace presentato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per la crisi in Ucraina. Secondo fonti diplomatiche, il testo sarà svelato nei prossimi giorni durante i colloqui di Ginevra e punta a usare gli asset congelati di Mosca per finanziare la ricostruzione del Paese e risarcire Kiev. L’Europa chiede anche una garanzia di sicurezza americana, simile all’articolo 5 della Nato, rifiutando però le condizioni di Mosca che prevedono la cessione di territori ucraini ancora non occupati.
Europa in campo: i beni russi per ricostruire l’Ucraina
Fonti di Bloomberg, confermate da ambienti vicini ai negoziati, raccontano che la posizione dell’Europa è netta: “Non possiamo permettere che la Russia approfitti della distruzione che ha causato in Ucraina”, ha detto un diplomatico europeo che ha chiesto l’anonimato. La proposta è chiara: destinare i circa 300 miliardi di euro di beni russi congelati nei Paesi occidentali a un fondo internazionale per la ricostruzione dell’Ucraina. È un’idea che circola a Bruxelles da mesi, ma ora entra ufficialmente nel cuore delle trattative con Washington.
Garanzie di sicurezza, il vero nodo è l’articolo 5
Oltre ai soldi, l’Unione Europea punta su un altro punto cruciale: una garanzia di sicurezza per Kiev “chiara e vincolante”. In sostanza, si chiede agli Stati Uniti di impegnarsi in una difesa reciproca simile a quella dell’articolo 5 della Nato, che obbliga gli alleati a intervenire se uno di loro viene attaccato. “Serve un impegno concreto, non solo parole”, ha confidato un funzionario della Commissione europea. La paura è che senza una protezione forte a livello internazionale, qualsiasi accordo possa essere fragile.
Niente concessioni sui territori non occupati
Sul fronte territoriale, l’Europa non molla: nessuna cessione delle regioni ucraine ancora fuori dal controllo russo. Mosca, secondo le fonti, avrebbe chiesto a Kiev di rinunciare formalmente a parte dei territori orientali, ma Bruxelles considera questa ipotesi “inaccettabile”. “Non possiamo giustificare un’aggressione con concessioni territoriali”, ha ribadito una fonte diplomatica francese. Questo punto resta uno dei più difficili da superare al tavolo dei negoziati.
Ginevra, il banco di prova dei negoziati
La controproposta europea sarà presentata durante i colloqui di Ginevra, dove Stati Uniti, Unione Europea e Russia si incontreranno per discutere una possibile strada verso la fine del conflitto. Gli incontri, in programma tra il 25 e il 27 novembre, si terranno a porte chiuse. Da quanto si apprende da fonti diplomatiche europee, l’UE vuole rafforzare la posizione di Kiev e impedire che si arrivi a soluzioni che sembrino una resa.
Le reazioni e cosa aspettarsi
La mossa europea arriva in un momento delicato. Da un lato, la Casa Bianca, pur sostenendo ufficialmente Kiev, ha mostrato aperture verso una soluzione diplomatica. Dall’altro, Mosca continua a insistere su condizioni che l’Occidente ritiene inaccettabili. “Siamo pronti a discutere, ma non a svendere la sovranità ucraina”, ha detto ieri sera il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock. Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito che “qualsiasi accordo deve rispettare l’integrità territoriale del Paese”.
Asset congelati e i rischi legali
L’uso degli asset russi congelati è un tema delicato anche dal punto di vista legale. Alcuni governi europei temono possibili ritorsioni o cause internazionali da parte di Mosca. Tuttavia, la pressione politica – soprattutto dai Paesi dell’Est Europa – spinge per una soluzione che permetta almeno in parte di finanziare la ricostruzione ucraina senza pesare troppo sui bilanci nazionali. “È una questione di giustizia”, ha spiegato un diplomatico polacco.
Cosa succederà ora
Nei prossimi giorni si capirà se la controproposta europea troverà spazio nel negoziato o se prevarranno le resistenze di americani e russi. A Bruxelles si mantiene un cauto ottimismo. “Non ci facciamo illusioni, ma era importante mettere dei paletti”, ha ammesso un funzionario UE. Solo dopo si potrà parlare davvero di pace.
