Fiom: il governo deve intervenire sulla cordata per Italdesign

Fiom: il governo deve intervenire sulla cordata per Italdesign

Fiom: il governo deve intervenire sulla cordata per Italdesign

Giada Liguori

Novembre 24, 2025

Torino, 24 novembre 2025 – Il destino di Italdesign si decide in queste ore tra Torino, Roma e Wolfsburg. Una cordata tutta italiana, guidata da Cassa Depositi e Prestiti insieme al gruppo Adler e coordinata dall’imprenditore Giancarlo Tonelli, ha messo sul tavolo un’offerta per rilevare l’azienda di Moncalieri, oggi in mano al gruppo tedesco Volkswagen. L’obiettivo è chiaro: evitare che la storica società di design automobilistico finisca nelle mani della multinazionale indo-americana Ust e tenere così in Italia un’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo.

Salvare Italdesign: il piano italiano che vuole fare la differenza

Secondo Gianni Mannori, segretario della Fiom Cgil di Torino, la cordata sembra avere le idee chiare, ma “serve più tempo e garanzie” per capire se il progetto possa davvero decollare. “Il governo deve muoversi subito, non possiamo permetterci di perdere un pezzo così importante per il nostro paese. Questa potrebbe essere una vera occasione”, ha detto Mannori questa mattina, sottolineando la preoccupazione dei sindacati per i circa 3.000 dipendenti, tra diretti e indiretti.

La proposta italiana arriva in un momento delicato: Volkswagen, che controlla Italdesign dal 2010, sta facendo una revisione della sua strategia e valuta la vendita dell’azienda fondata da Giorgetto Giugiaro. La presenza di un gruppo nazionale, con il sostegno di Cdp e Adler, rappresenta una delle poche alternative concrete a una cessione a società straniere.

Investimenti importanti e manager di peso dietro l’offerta

La cordata ha preparato un piano industriale con un investimento tra 120 e 200 milioni di euro. A guidare l’operazione ci sono nomi noti dell’industria italiana: Amedeo Felisa, ex amministratore delegato di Ferrari (2008-2016) e poi di Aston Martin, e Eugenio Razelli, veterano di Fiat e Marelli. Tra gli investitori spicca anche il finanziere milanese Massimo Pavan.

L’obiettivo è doppio: rafforzare la struttura attuale e ampliare il giro di clienti, non solo nell’automotive ma anche in settori come aerospazio e nautica. Si punta a mantenere i posti di lavoro e a far crescere il fatturato dagli attuali 300 milioni fino a raggiungere un miliardo nel medio periodo.

Il governo chiamato in causa: la richiesta del Golden Power

Fonti vicine alla cordata confermano che la comunicazione ufficiale è già partita verso Volkswagen. “Abbiamo scritto ai tedeschi e ora aspettiamo che il ministro Urso ci dia una mano nei prossimi giorni. È fondamentale che il governo usi il Golden Power, così darebbe forza all’iniziativa italiana”, hanno spiegato ieri sera. Il riferimento è a quel potere speciale che permette all’esecutivo di intervenire su operazioni che toccano asset strategici per il Paese.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è atteso a breve per un confronto con i vertici di Cdp e i rappresentanti sindacali. Da Palazzo Chigi filtra prudenza: “Stiamo seguendo la situazione”, dicono fonti governative senza sbilanciarsi sull’eventuale uso del Golden Power.

Sindacati in allarme, lavoratori in attesa di risposte

A Moncalieri, dove ha sede Italdesign, l’aria è tesa. I lavoratori aspettano notizie concrete, mentre i sindacati chiedono “garanzie sul lavoro” e chiarezza sulle prossime mosse. “Solo con queste condizioni potremo giudicare davvero il progetto”, ha detto un delegato Fiom al termine dell’assemblea di stamattina.

Nei corridoi dello stabilimento si sentono voci cariche di preoccupazione. Alcuni operai, incontrati all’ingresso poco dopo le otto, parlano di “giorni difficili” e di “molta incertezza”. Ma la possibilità che Italdesign resti in mani italiane è vista come una speranza concreta.

La settimana decisiva: cosa succede adesso

La partita si chiuderà nei prossimi giorni. Volkswagen deve valutare le offerte sul tavolo – quella italiana e quella della multinazionale Ust – mentre da Roma si attendono segnali chiari sull’eventuale intervento pubblico. In gioco non c’è solo un marchio storico del design industriale, ma anche il futuro di centinaia di famiglie piemontesi.

“Non possiamo permetterci errori”, ha ribadito Mannori. Tra chi segue da vicino la vicenda, si sente che questa potrebbe essere davvero l’ultima occasione per salvare una delle eccellenze italiane dell’automotive.