Milano, 24 novembre 2025 – Il prezzo del petrolio torna a salire questa mattina sui mercati internazionali delle materie prime. Il WTI e il Brent aprono in rialzo, segnando nuovi guadagni nelle prime contrattazioni. Alle 9, ora italiana, il WTI con consegna a gennaio si attesta a 58,19 dollari al barile, con un aumento dello 0,22% rispetto alla chiusura di ieri. Il Brent, punto di riferimento per l’Europa, sale invece a 62,73 dollari al barile, in crescita dello 0,27%. Dietro questa spinta, secondo gli operatori, ci sono le tensioni geopolitiche in alcune zone produttive e le attese per le prossime mosse dell’OPEC+.
OPEC+ sotto i riflettori: cosa aspettarsi dal vertice di Vienna
Gli esperti delle grandi banche – da Goldman Sachs a JP Morgan – mettono in luce come il rialzo dei prezzi del petrolio sia soprattutto legato al prossimo incontro dell’OPEC+, in programma per fine settimana a Vienna. “Gli investitori puntano su un possibile taglio della produzione”, spiega un trader londinese, “visto che la domanda globale resta incerta e i Paesi produttori vogliono evitare un nuovo calo dei prezzi”.
Negli ultimi giorni, diversi membri dell’OPEC+ hanno lasciato intendere che si sta lavorando per prorogare i tagli già in vigore. Una mossa che potrebbe spingere ancora più in alto le quotazioni nelle settimane a venire. Ma non mancano le incognite. La posizione della Russia, per esempio, è ancora poco chiara. Solo nelle prossime ore si capirà se Mosca accetterà di ridurre ulteriormente la produzione.
Geopolitica e domanda: i due fronti che tengono il mercato sulle spine
A influire sull’andamento dei prezzi del petrolio sono anche le tensioni in Medio Oriente e in Africa occidentale. Nelle ultime settimane si sono riacutizzati gli scontri in Libia e Nigeria, due Paesi fondamentali per l’offerta globale. Fonti dell’Agenzia Internazionale dell’Energia avvertono che eventuali interruzioni nelle forniture potrebbero far salire ancora di più i prezzi.
Sul fronte della domanda, invece, i segnali restano contrastanti. Da un lato, la crescita economica di Stati Uniti e Cina sta rallentando, come confermato ieri dagli ultimi dati del Fondo Monetario Internazionale. Dall’altro, l’avvicinarsi dell’inverno potrebbe far aumentare il consumo di combustibili fossili nei Paesi del Nord. “Il mercato è nervoso”, ammette un analista di Bloomberg, “perché nessuno sa esattamente quanto peseranno questi fattori nei prossimi mesi”.
Prezzi in aumento: l’effetto su imprese e consumatori
Il rialzo dei prezzi del petrolio si riflette subito sui costi di trasporto e produzione per molte aziende italiane ed europee. Secondo una stima di Confcommercio diffusa la scorsa settimana, ogni dollaro in più al barile fa salire di circa 1,5 centesimi al litro il prezzo della benzina alla pompa. Un dato che preoccupa soprattutto chi lavora nell’autotrasporto e nella logistica, settori già sotto pressione per i margini stretti.
Anche i consumatori rischiano di vedere salire i prezzi dei carburanti nelle prossime settimane. “Siamo costretti a cambiare i listini quasi ogni giorno”, racconta il gestore di una stazione di servizio a Milano Sud. “I clienti sono sempre più attenti, chiedono spiegazioni e confrontano i prezzi con quelli dei mesi precedenti”.
Mercati in bilico: cosa ci aspetta nelle prossime settimane
Gli operatori restano cauti sul breve periodo. Molto dipenderà dalle decisioni dell’OPEC+ e dall’evolversi delle crisi geopolitiche. Intanto, il mercato continua a muoversi tra alti e bassi: solo la settimana scorsa il prezzo del Brent ha oscillato tra 61 e 63 dollari al barile, mentre il WTI ha toccato minimi e massimi nel giro di poche ore.
Secondo le previsioni raccolte da Reuters tra gli addetti ai lavori, il rialzo potrebbe durare almeno fino a metà dicembre. Ma tutto può cambiare in fretta: “Basta una notizia improvvisa – un accordo tra produttori o una tregua nei conflitti – per cambiare tutto”, spiega un broker milanese. Per ora, l’unica certezza sembra essere proprio l’incertezza che domina i mercati energetici mondiali.
