Roma, 25 novembre 2025 – Il Movimento #siamoatitolidicoda, che raccoglie i lavoratori del cinema italiano, ha lanciato uno sciopero generale per venerdì 28 e sabato 29 novembre. Dietro questa scelta c’è la voglia di “far sentire la nostra voce” contro un sistema che, a loro dire, “sfrutta, impoverisce e mette in pericolo la sopravvivenza stessa della nostra arte e del nostro lavoro”.
Cinema in rivolta: perché si sciopera
Il movimento ha annunciato che la protesta toccherà le principali città italiane, con presidi a Roma, Milano e Torino. L’appello è rivolto a tecnici, operatori, maestranze e a tutti quelli che lavorano dietro le quinte di film, serie tv e altre produzioni audiovisive. “Ci ritroveremo uniti per far sentire il nostro dissenso”, si legge nella nota diffusa ieri sera. Il malcontento nasce da problemi che ormai si trascinano da anni: stipendi bassi, assenza di tutele sociali, contratti fermi e condizioni di lavoro che definiscono “al limite del sopportabile”.
Contratto fermo da 25 anni: il nodo della protesta
Uno dei punti più caldi riguarda il contratto collettivo nazionale di lavoro per le troupe, che, secondo il movimento, non viene aggiornato da più di venticinque anni. Secondo i lavoratori, questa situazione ha peggiorato le condizioni economiche e di sicurezza sui set. “Il degrado del lavoro è sotto gli occhi di tutti”, dice Marco Bianchi, operatore di macchina con oltre vent’anni di esperienza. “Non è solo una questione di soldi, ma di dignità: turni massacranti, nessuna tutela in caso di infortuni, niente certezze per il futuro”.
Tagli, riforme e sindacati: il quadro che preoccupa
La protesta arriva in un momento difficile, segnato da tagli ai finanziamenti pubblici, riforme giudicate “disastrose” dagli addetti ai lavori e una crisi che ha colpito duramente il settore dopo la pandemia. I dati Anica parlano chiaro: nel 2024 la produzione cinematografica italiana è calata del 18% rispetto all’anno prima. “La manovra finanziaria di quest’anno è stata una vera e propria battaglia contro la cultura”, si legge ancora nel comunicato. Non manca una stoccata alle rappresentanze sindacali tradizionali, considerate “incapaci” di difendere davvero i diritti delle maestranze.
Una protesta dal basso: “Non vogliamo più lavorare in condizioni disumane”
Il messaggio è chiaro e deciso. “Non cerchiamo un’unità a tutti i costi”, dicono i promotori. “Sappiamo che il nostro mondo è diviso, ma chi rifiuta lo sfruttamento e crede nella dignità del lavoro sente che è il momento di agire”. L’obiettivo è chiaro: “spegnere le telecamere e lasciare vuoti i set per due giorni”. “Non vogliamo più lavorare in condizioni disumane per garantire profitti a pochi”, racconta una giovane assistente alla regia davanti agli studi di Cinecittà.
Le reazioni: attesa per adesioni e conseguenze
Non è ancora chiaro quanti aderiranno allo sciopero. Le principali associazioni di categoria stanno valutando se appoggiare ufficialmente la mobilitazione. Intanto, alcune produzioni hanno già annunciato possibili ritardi nelle riprese previste per il fine settimana. “Siamo preoccupati per l’impatto che la protesta potrebbe avere sulle uscite natalizie”, confida un produttore romano che preferisce restare anonimo. Ma tra chi lavora nel settore, cresce la sensazione che questa volta la protesta possa davvero segnare una svolta.
Il conto alla rovescia: luci spente sui set il 28 e 29 novembre
Il tempo stringe. Negli studi televisivi e cinematografici si respira un’aria tesa, fatta di attesa e confronto tra colleghi. “Il 28 e 29 novembre spegneremo le telecamere, le luci dei set, svuoteremo i teatri e scenderemo in piazza per la nostra dignità”, ribadiscono dal Movimento #siamoatitolidicoda. Ora la palla passa ai lavoratori: saranno loro a decidere se, dopo i titoli di coda, ci sarà davvero spazio per un nuovo inizio.
