Ferragni: la verità dietro le accuse di lucro e le buone intenzioni

Ferragni: la verità dietro le accuse di lucro e le buone intenzioni

Ferragni: la verità dietro le accuse di lucro e le buone intenzioni

Matteo Rigamonti

Novembre 25, 2025

Milano, 25 novembre 2025 – “Tutto quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto in buona fede, nessuno di noi ha lucrato”. È con queste parole che Chiara Ferragni si è difesa questa mattina davanti ai giudici del Tribunale di Milano, nel processo per truffa aggravata che la vede imputata insieme a due ex collaboratori. L’udienza, iniziata poco dopo le 9.30 nell’aula 7 del Palazzo di Giustizia, si è svolta a porte chiuse, come previsto dal rito abbreviato scelto dalla difesa.

Ferragni parla chiaro: “Nessuna volontà di ingannare”

Davanti al collegio presieduto dal giudice Giovanni Rossi, la nota imprenditrice digitale ha preso la parola per una decina di minuti. Voce ferma, sguardo diretto ai magistrati, Ferragni ha ribadito la sua versione: “Non c’è mai stata intenzione di ingannare nessuno”. Secondo fonti presenti in aula, la 38enne cremonese ha raccontato passo dopo passo la vicenda legata alla promozione delle uova di Pasqua a marchio Cerealitalia-ID, sottolineando come tutte le iniziative fossero “pensate per fini benefici”. Ha negato qualsiasi guadagno personale, parlando invece di un errore di comunicazione.

Le richieste della Procura e i ruoli degli altri imputati

Nella stessa udienza, i pubblici ministeri Laura Pedio e Paolo Filippini hanno avanzato le richieste di condanna: un anno di reclusione per Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-ID, e un anno e otto mesi per Fabio Damato, ex manager e stretto collaboratore di Ferragni. Per l’imprenditrice digitale, la richiesta è già nota da settimane: un anno e sei mesi. L’accusa sostiene che i tre abbiano messo in piedi una campagna pubblicitaria “ambigua e fuorviante”, facendo credere che l’acquisto delle uova avrebbe finanziato direttamente progetti solidali.

Il cuore della questione: la beneficenza sotto accusa

Al centro del processo c’è proprio la comunicazione sulla raccolta fondi. Secondo gli inquirenti, tra marzo e aprile 2023 sono state vendute circa 700mila uova di cioccolato con il volto di Ferragni sulla confezione. Sulle etichette e sui social si parlava di “sostegno all’Ospedale Regina Margherita di Torino”, ma – secondo la Procura – la donazione reale sarebbe stata “irrisoria rispetto agli incassi”. Una versione contestata con forza dalla difesa: “Abbiamo sempre agito con trasparenza”, ha ribadito Ferragni, sottolineando che “le cifre donate sono state comunicate pubblicamente e certificate dall’ente beneficiario”.

Le prossime mosse del processo

Ora tocca agli avvocati difensori. La prossima udienza è fissata per il 12 dicembre, quando l’avvocato di Ferragni, Luca Ponti, presenterà le ragioni per chiedere l’assoluzione. “Non c’è stato dolo né vantaggio personale”, ha detto fuori dall’aula. Solo dopo si saprà la decisione del giudice, che si ritirerà in camera di consiglio. La sentenza è attesa entro fine anno. Se arrivasse una condanna, la pena potrebbe essere sospesa, vista l’assenza di precedenti penali.

Fuori dal tribunale: attesa e tensione

All’esterno del tribunale, una decina di curiosi e alcuni giornalisti hanno seguito la conclusione dell’udienza. Nessuna parola da parte di Ferragni, che è salita velocemente su un’auto scura insieme al suo staff. Più loquace il presidente Cannillo, che ha dichiarato: “Abbiamo sempre operato secondo le regole, sono sereno”. Nel frattempo, sui social il dibattito continua acceso, tra chi chiede chiarezza e chi difende la buona fede dell’imprenditrice.

Un punto di svolta per l’influencer economy

Il caso Ferragni è diventato un banco di prova per il mondo delle collaborazioni tra influencer e aziende. L’Osservatorio Digital Reputation dell’Università Cattolica sottolinea che “la trasparenza nelle campagne benefiche è ormai indispensabile”. Qualunque sarà l’esito del processo, segnerà un precedente importante per tutto il settore. E mentre si aspetta la sentenza, resta aperto il dibattito su come cambieranno le regole della comunicazione digitale nei prossimi mesi.