San Francisco, 25 novembre 2025 – Il cervello umano, già nelle prime fasi dello sviluppo, sembra avere una sorta di “manuale d’istruzioni” interno. Un sistema che gli permette di orientarsi e interagire con il mondo, anche prima di aver fatto esperienza con i sensi. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Nature Neuroscience dai ricercatori dell’Università della California a Santa Cruz. Hanno studiato piccoli modelli tridimensionali di tessuto cerebrale umano, chiamati organoidi cerebrali, con l’obiettivo di capire come i neuroni iniziano a parlarsi e a costruire reti complesse, senza alcun stimolo esterno.
Organoidi cerebrali: il laboratorio del cervello alle origini
Nel laboratorio guidato da Tal Sharf, professore associato di ingegneria biomolecolare alla Baskin School of Engineering, gli scienziati hanno coltivato questi organoidi partendo da cellule staminali. Sono piccoli ammassi cellulari, grandi pochi millimetri, che riproducono alcune delle caratteristiche fondamentali del cervello in formazione. “Le cellule del cervello si mettono in contatto tra loro e formano circuiti che si assemblano da soli, prima ancora che possiamo percepire il mondo esterno”, ha detto Sharf. Secondo lui, esiste un vero e proprio “sistema operativo” che nasce in questa fase primordiale, una base genetica su cui poi si costruiscono le esperienze sensoriali.
Segnali elettrici spontanei: la firma genetica del cervello
Durante l’esperimento, i ricercatori hanno seguito l’attività elettrica degli organoidi mentre crescevano. Hanno notato che le cellule nervose cominciano a mandare segnali elettrici già nei primi mesi, molto prima che il cervello possa ricevere e processare stimoli complessi come la vista o l’udito. Questi segnali, dicono i ricercatori californiani, seguono schemi precisi simili a quelli che stanno alla base della traduzione dei sensi, del linguaggio e del pensiero cosciente. “Nel mio laboratorio coltiviamo organoidi per osservare questa versione primordiale del sistema operativo cerebrale e capire come si costruisce il cervello prima che l’esperienza sensoriale lo plasmi”, ha aggiunto Sharf.
Cosa significa per la ricerca sui disturbi neurologici
I risultati dello studio potrebbero cambiare il modo in cui si capiscono i disturbi dello sviluppo neurologico. Se il cervello ha già una struttura di base scritta nel DNA, eventuali problemi in questa fase potrebbero compromettere la formazione delle reti neurali e quindi influenzare lo sviluppo cognitivo e comportamentale. Gli organoidi diventano così un modello prezioso per studiare l’origine di patologie come autismo o schizofrenia, ma anche per capire come sostanze tossiche – pesticidi, microplastiche – possano danneggiare il cervello in crescita.
Un modello per testare l’impatto delle tossine
Gli autori dello studio sottolineano che poter osservare in laboratorio la formazione spontanea dei circuiti nervosi offre un modo concreto per testare gli effetti di sostanze potenzialmente dannose. “Con questi modelli possiamo vedere come l’esposizione a certi agenti interferisce con il processo di autoassemblaggio dei neuroni”, spiegano. In futuro, questa strada potrebbe aiutare a individuare in anticipo i rischi ambientali e sviluppare strategie preventive più efficaci.
Il futuro della ricerca: tra biologia e tecnologia
La ricerca dell’Università della California si inserisce in un filone che punta a svelare i meccanismi più profondi dello sviluppo cerebrale umano. Gli organoidi – piccoli ma complessi – stanno diventando strumenti sempre più importanti nei laboratori di neuroscienze nel mondo. Ma, come dicono gli stessi scienziati, restano molte domande aperte: fino a che punto questi modelli riescono a imitare la complessità del cervello umano? E quali sono i limiti etici nel lavorare su tessuti così simili a quelli reali?
Per ora, la scoperta di un “sistema operativo” innato nel cervello getta nuova luce sulle origini della mente umana e apre la strada a studi che potrebbero rivoluzionare il modo in cui affrontiamo le malattie neurologiche e le sfide ambientali del nostro tempo.
