Milano, 25 novembre 2025 – Il prezzo del petrolio apre in calo sui mercati internazionali. Il WTI scambia a 58,49 dollari al barile, mentre il Brent si attesta a 62,99 dollari, con una flessione rispettivamente dello 0,59% e dello 0,63%. Un avvio debole, registrato nelle prime ore tra Londra e New York, che rispecchia l’incertezza che da giorni tiene banco nel settore energetico.
Prezzi in calo tra paura per l’economia e segnali di domanda debole
Gli operatori hanno iniziato la settimana con il fiato sospeso, guardando da vicino quello che succede a domanda e offerta. Gli esperti di Goldman Sachs collegano il calo dei prezzi a due fattori principali: da una parte, il timore per la crescita economica globale; dall’altra, i segnali di rallentamento della richiesta di carburanti in Asia e Stati Uniti. “Il mercato è fragile”, racconta un trader della City di Londra, “ogni dato macroeconomico viene letto con estrema cautela”.
L’effetto sui mercati e l’attesa per l’OPEC+
Anche a Piazza Affari e nelle altre borse europee, la flessione del petrolio si fa sentire subito sui titoli energetici. Eni apre in lieve ribasso, mentre Saipem e Tenaris mostrano una certa volatilità fin dai primi scambi. Gli investitori ora aspettano con attenzione la riunione dell’OPEC+ a Vienna, prevista per il 30 novembre. Fonti vicine al gruppo non escludono nuovi tagli alla produzione per provare a sostenere i prezzi.
Scorte in aumento e domanda che resta debole
Negli Stati Uniti, i dati settimanali sulle scorte di greggio dell’Energy Information Administration (EIA) mostrano un aumento superiore alle aspettative: +3,2 milioni di barili nella settimana chiusa il 22 novembre. Un segnale chiaro che la domanda interna fatica a riprendersi, anche per via del clima più mite che ha ridotto i consumi di carburante per il riscaldamento. Intanto, in Asia, la Cina – come riportato da Reuters – ha tagliato le importazioni di petrolio per il secondo mese di fila.
Cosa cambia per italiani e imprese
Per chi fa il pieno in Italia, la discesa del petrolio potrebbe tradursi in un leggero calo dei prezzi alla pompa nelle prossime settimane. Ma l’Unione Nazionale Consumatori avverte: “I ribassi arrivano lentamente ai distributori”, spiega Massimiliano Dona, presidente dell’associazione. Le imprese energivore, invece, seguono con attenzione l’andamento del mercato. “Ogni variazione si riflette sui costi di produzione”, ricorda il direttore di Confindustria Energia.
Geopolitica e Stati Uniti: variabili chiave
Sul fronte geopolitico, restano molte incognite. Le tensioni in Medio Oriente, soprattutto tra Iran e Israele, continuano a rappresentare un rischio per la stabilità delle forniture. Nel frattempo, gli Stati Uniti mantengono una produzione alta grazie allo shale oil: i dati del Dipartimento dell’Energia parlano di oltre 13 milioni di barili al giorno. Un livello che aiuta a tenere alta l’offerta globale.
Gli scenari a breve: prudenza degli analisti
Gli esperti restano cauti sulle prospettive a breve termine. “Il mercato del petrolio è in una fase di transizione”, spiega Giovanni Staiano, economista di Prometeia. “La domanda non cresce come un tempo, mentre l’offerta resta abbondante”. Solo tagli decisi dall’OPEC+ o eventi geopolitici importanti potrebbero cambiare le carte in tavola nelle prossime settimane.
Un equilibrio fragile che tiene il mercato in bilico
In breve, la giornata si apre con un quadro incerto: prezzi in calo, domanda debole e scorte in aumento. Tutti gli occhi sono puntati su Vienna e sulle mosse dell’OPEC+, mentre consumatori e aziende aspettano segnali più chiari sull’andamento dei costi energetici. Per ora, il mercato sembra muoversi su un filo sottile, sospeso tra fattori economici e tensioni internazionali.
