Bruxelles, 27 novembre 2025 – L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il modo di lavorare in tutta l’Unione Europea. Ormai coinvolge la maggior parte dei lavoratori e apre nuove sfide su diritti e qualità del lavoro. A dirlo è Mario Nava, direttore generale della DG Occupazione, Affari sociali e Inclusione della Commissione Europea, in un’intervista ad Adnkronos/Labitalia. Nava sottolinea che il dialogo tra sindacati e datori di lavoro, insieme alla contrattazione collettiva, sono strumenti essenziali per gestire questo cambiamento.
Intelligenza artificiale: tra opportunità e dubbi
Nava ricorda che “il 90% dei lavoratori europei usa dispositivi digitali, e circa il 30% si affida a strumenti avanzati come i chatbot”. Un segnale chiaro di quanto la tecnologia sia ormai ovunque nei luoghi di lavoro. Molti dipendenti vedono i benefici dell’intelligenza artificiale: “Aiuta a scrivere testi, tradurre, fare calcoli. Si risparmia tempo e si lavora meglio”. Ma non mancano i timori. C’è chi teme che gli algoritmi possano diventare uno strumento per controllare orari e turni, togliendo spazio all’autonomia.
Secondo Nava, “il pubblico chiede più trasparenza e tutela della privacy”, soprattutto quando si tratta di strumenti che influenzano la libertà e il controllo sul proprio lavoro. Il rischio di un carico eccessivo o di decisioni poco chiare resta uno dei nodi più delicati.
Sindacati e imprese: il ruolo del confronto
Per affrontare tutto questo, Nava mette in evidenza il ruolo delle parti sociali. “Il nuovo Patto per il dialogo sociale europeo, rinnovato a marzo 2025, ribadisce che il confronto tra sindacati e datori di lavoro è fondamentale per adeguare le regole del lavoro ai cambiamenti tecnologici”. In pratica, la contrattazione collettiva diventa il modo per assicurare che l’intelligenza artificiale venga usata in modo giusto.
“Un principio chiave dell’Unione Europea è questo: la tecnologia deve servire le persone, non schiacciarle”, ricorda Nava. È su questo che si basa la nuova Quality Jobs Roadmap, che arriverà nelle prossime settimane e punta a garantire condizioni di lavoro dignitose anche con l’avvento delle nuove tecnologie.
Digitale e formazione: la sfida dell’adattamento
Il tema delle competenze digitali è centrale nel discorso. Nava cita uno studio del Fondo Monetario Internazionale: “Il 60% dei lavori nelle economie avanzate è influenzato dall’intelligenza artificiale”. Non parliamo solo dei lavori più precari o di chi guadagna meno: “L’IA entra in tutti i mestieri, dai giornalisti ai decisori politici, dai traduttori agli impiegati”.
La vera sfida, spiega Nava, è adattarsi. Chi ha buone competenze digitali tende a vedere l’intelligenza artificiale come un aiuto. Chi invece ha avuto meno possibilità di formazione rischia di rimanere indietro. “L’Unione Europea ha investito più di 150 miliardi per migliorare le competenze”, ricorda. L’obiettivo è aiutare le persone a imparare nuove abilità, specialmente i giovani con davanti molti anni di lavoro.
Nel rapporto Draghi – aggiunge Nava – si sottolinea che la forza dell’Europa non sta nel tagliare i salari, ma nel migliorare le competenze. “Prodotti e servizi di qualità richiedono più capacità, e qui l’IA può dare una mano”.
Le regole europee già in campo
Sul fronte delle regole, Nava indica tre pilastri che già oggi tengono sotto controllo l’uso degli algoritmi sul lavoro: il regolamento sull’intelligenza artificiale, la Platform Work Directive (che riguarda il lavoro sulle piattaforme digitali) e il GDPR per la protezione dei dati personali. “Abbiamo una base solida”, dice. Su questo terreno si sviluppa il dialogo con le parti sociali, che potrà portare – se serve – a nuove leggi.
Un appuntamento importante sarà la consultazione per il Quality Jobs Act, prevista per il 2026. “Non partiamo da zero”, conclude Nava. “Il GDPR ha già dieci anni, le altre direttive sono più recenti ma già operative”.
Salario minimo e dialogo: un binomio imprescindibile
Infine, Nava ricorda l’articolo 4 della direttiva UE sul salario minimo, che rafforza il ruolo della contrattazione collettiva nei Paesi membri. Anche qui il legame con l’intelligenza artificiale è chiaro: solo un confronto continuo tra le parti può garantire un uso equo delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro.
In sostanza, anche se la strada è appena iniziata, l’Europa corre per non lasciare indietro nessuno nella transizione digitale, mettendo al centro le persone, i loro diritti e la qualità del lavoro.
