Roma, 27 novembre 2025 – Oltre la metà delle diagnosi di Hiv in Europa arriva troppo tardi per garantire un trattamento efficace. È quanto emerge dal nuovo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), pubblicato questa settimana. I dati mostrano che il 54% delle nuove diagnosi nel continente avviene quando l’infezione è ormai in fase avanzata, mentre nell’Unione europea e nello Spazio economico europeo la percentuale scende al 48%.
Diagnosi in ritardo: chi sono i più colpiti
Il report “Hiv/Aids surveillance in Europe” fa luce su un dato preoccupante: più della metà delle persone diagnosticate ha una conta dei linfociti CD4 sotto le 350 cellule per millimetro cubo. In parole semplici, significa che il sistema immunitario è già molto indebolito. Peggio ancora, un terzo dei pazienti scopre di essere positivo solo quando la conta scende sotto le 200 cellule, segno che la malattia è in uno stadio avanzato.
La diagnosi tardiva riguarda soprattutto alcune categorie: uomini eterosessuali, persone con dipendenze da sostanze e anziani. E poi ci sono differenze geografiche evidenti: nei Paesi dell’Est Europa i casi di diagnosi in ritardo superano la media continentale, mentre in alcune zone dell’Ovest si vedono segnali di miglioramento.
Un allarme silenzioso: aumentano gli Hiv non diagnosticati
“Il numero di persone che convivono con l’Hiv senza saperlo è in crescita, una crisi silenziosa che favorisce la trasmissione,” ha detto Hans Henri P. Kluge, direttore regionale per l’Europa dell’Oms. Kluge ha sottolineato che il problema non è solo medico, ma anche sociale: “Non stiamo facendo abbastanza per abbattere le barriere dello stigma e della discriminazione che bloccano chi vorrebbe fare un semplice test”.
Gli esperti mettono in guardia: chi non conosce il proprio stato sierologico può continuare a diffondere il virus senza saperlo. Eppure, le terapie antiretrovirali oggi garantiscono una buona qualità di vita e riducono molto la trasmissione. Ma solo se la diagnosi arriva in tempo.
Test più facili da fare e campagne mirate: cosa serve davvero
Davanti a questi dati, Oms ed Ecdc chiedono “sforzi urgenti per allargare e rendere routine i test, facilitare l’accesso all’autotest e raggiungere chi non può andare nelle strutture sanitarie”. Serve cambiare marcia: test più diffusi nei pronto soccorso, negli studi medici di base e nei centri per le dipendenze.
In Italia, secondo i dati aggiornati al 2024 del Ministero della Salute, le nuove diagnosi sono state circa 2.300 nell’ultimo anno. Anche qui il problema della diagnosi tardiva è forte: oltre la metà dei nuovi casi viene scoperta quando l’infezione è già avanzata. “Serve più informazione – spiega Gianni Rezza, epidemiologo – soprattutto tra chi è meno informato o più esposto al rischio”.
Lo stigma e le paure che tengono lontano dal test
Molti evitano il test per paura del giudizio o perché non sanno abbastanza. “Ho deciso di farlo solo quando ho iniziato a stare male,” racconta Marco, 44 anni, scoperto sieropositivo nel 2023. “Prima non ci pensavo nemmeno. Avevo paura di quello che avrebbero detto gli altri.” Storie come la sua sono ancora comuni, soprattutto in piccoli centri o tra chi è socialmente più fragile.
Gli esperti dicono che per combattere l’Hiv serve anche togliere il tabù del test e ridurre lo stigma. “Un test rapido può cambiare una vita,” ricorda Kluge. Eppure, molte persone non sanno nemmeno dove farlo gratis, dicono le associazioni attive sul territorio.
Cosa ci aspetta: investire in informazione e accesso ai test
Oms ed Ecdc insistono: bisogna puntare su campagne di informazione, formazione del personale sanitario e facilitare l’accesso ai test rapidi e all’autotest. Solo così si può fermare l’aumento delle diagnosi in ritardo e contenere la diffusione del virus.
Il quadro europeo resta complicato: la scienza fa passi avanti, ma senza politiche sanitarie inclusive e un vero cambiamento culturale non basterà. La battaglia contro l’Hiv si gioca ancora oggi soprattutto sulla prevenzione e sull’informazione.
