Pavia, 27 novembre 2025 – Undici anni e quattro mesi di carcere: questa la pena chiesta oggi dal procuratore di Pavia, Fabio Napoleone, per Massimo Adriatici, ex assessore leghista alla Sicurezza del Comune di Voghera. L’accusa è omicidio volontario per la morte di Younes El Boussettaoui, 39 anni, avvenuta nella notte del 20 luglio 2021 in piazza Meardi, nel cuore della cittadina lombarda. Un caso che ha scosso la cronaca locale e nazionale, riaccendendo il dibattito sulla legittima difesa e sull’uso delle armi da parte dei privati.
Una notte che ha cambiato Voghera
Quella sera, secondo gli investigatori, Adriatici – ex poliziotto e allora assessore – era in piazza Meardi con una pistola, una Beretta modello 21 calibro 22. Poco dopo le 22, è scoppiata una lite con El Boussettaoui, descritto da più testimoni come un senzatetto noto per infastidire i clienti dei bar della zona. I legali di Adriatici sostengono che il 39enne marocchino abbia colpito l’ex assessore con una “manata violenta al volto”, facendolo cadere e perdere gli occhiali.
Da lì, secondo la difesa, Adriatici si sarebbe sentito costretto a difendersi, visto che El Boussettaoui si sarebbe avvicinato di nuovo, piegandosi verso di lui per colpirlo ancora. In quel momento è partito un colpo, un solo proiettile che ha raggiunto il 39enne al petto, causandone la morte.
La Procura non crede alla legittima difesa
La difesa ha puntato tutto sulla legittima difesa fin dall’inizio. Ma già un anno fa la giudice per le indagini preliminari, Valentina Nevoso, aveva messo in discussione questa versione. Per la gip, Adriatici avrebbe superato i limiti della legittima difesa, con un “eccesso colposo”. Da lì, l’accusa è passata da omicidio colposo a omicidio volontario.
Oggi il procuratore Napoleone è stato chiaro: “La dinamica dei fatti non lascia dubbi sulla volontarietà. L’imputato sapeva bene cosa stava facendo”. Una posizione netta che si scontra con la linea difensiva.
Tensione in aula e reazioni in città
L’atmosfera in tribunale era tesa. I familiari di El Boussettaoui hanno ascoltato in silenzio la requisitoria del pm. “Vogliamo solo giustizia”, ha detto il fratello della vittima ai giornalisti fuori dall’aula. Dall’altra parte, i sostenitori di Adriatici hanno ribadito la loro fiducia nella sua versione: “Ha sparato per paura, non voleva uccidere”, ha detto uno degli avvocati.
A Voghera la vicenda continua a dividere. C’è chi ricorda El Boussettaoui come una presenza difficile vicino ai locali, chi invece giudica l’uso della pistola sproporzionato rispetto alla minaccia reale. “Non si può morire così, in mezzo a una piazza”, ha commentato una barista che quella sera lavorava poco lontano.
Il processo va avanti, la città aspetta
Ora tocca ai giudici decidere sulla richiesta della Procura e sulle argomentazioni della difesa. La sentenza è attesa nelle prossime settimane. Nel frattempo, il caso di Massimo Adriatici resta un punto di riferimento nel dibattito sulla sicurezza nelle città e su come gestire i conflitti.
Il processo, che si svolge al tribunale di Pavia, è importante non solo per le parti in causa, ma anche per chi si interroga sui limiti della legittima difesa e sulle responsabilità di chi ricopre incarichi pubblici. “Aspettiamo con fiducia la decisione dei giudici”, ha detto il sindaco di Voghera, Paola Garlaschelli.
La città resta sospesa. E tra le strade del centro, il ricordo di quella notte d’estate pesa ancora come un macigno.
