Petrolio in discesa: il prezzo scivola a 58,42 dollari

Petrolio in discesa: il prezzo scivola a 58,42 dollari

Petrolio in discesa: il prezzo scivola a 58,42 dollari

Giada Liguori

Novembre 27, 2025

Milano, 27 novembre 2025 – Il prezzo del petrolio scende di nuovo oggi, mentre sui mercati internazionali si osservano con attenzione i primi segnali di riavvicinamento nei dialoghi di pace tra Russia e Ucraina. Alle 10.30, ora italiana, il WTI ha perso lo 0,3%, fermandosi a 58,42 dollari al barile, mentre il Brent ha ceduto lo 0,4%, a 62,85 dollari.

Petrolio in calo: cosa c’è dietro questo movimento

Gli operatori finanziari spiegano che il calo è legato soprattutto alle speranze di un possibile allentamento delle tensioni in Ucraina. “Ogni segnale di dialogo tra Mosca e Kiev viene visto come un possibile passo verso la pace”, ha detto questa mattina al telefono un analista di una banca d’affari di Londra. La possibilità di un accordo, anche parziale, potrebbe garantire più stabilità ai flussi di petrolio dall’area del Mar Nero, da sempre fondamentale per il commercio mondiale del greggio.

Sul mercato si respira prudenza. Gli scambi sono rimasti bassi nelle prime ore, con volumi sotto la media della settimana. “Gli investitori stanno ancora cercando di capire cosa succede ai tavoli negoziali”, ha aggiunto la stessa fonte, ricordando che la volatilità resta comunque alta.

Russia e Ucraina: la situazione resta incerta

Il quadro è ancora molto fluido. Da un lato, le delegazioni di Russia e Ucraina hanno confermato la volontà di continuare i colloqui, anche se – come ha ammesso ieri un portavoce del Cremlino – “le distanze sono ancora grandi”. Dall’altro, i grandi paesi che importano energia osservano con interesse ogni novità, consapevoli che potrebbe influire sull’offerta globale.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, la domanda mondiale di petrolio resterà stabile nel breve periodo, ma un progresso nei negoziati potrebbe aumentare la disponibilità di greggio sul mercato. “Se la situazione si sbloccasse, vedremmo una riduzione del premio di rischio che pesa sui prezzi”, ha detto un economista di Oxford Economics.

Prezzi del petrolio e impatto in Europa

Per l’Europa, ancora molto dipendente dall’energia estera, ogni variazione del prezzo del petrolio pesa subito su costi industriali e bollette. Stamattina a Milano, alcuni distributori hanno già ritoccato al ribasso i prezzi dei carburanti: la benzina verde è scesa in media di 2 centesimi al litro rispetto a ieri. “Non è molto, ma ogni piccolo calo fa piacere”, ha commentato un automobilista in fila in viale Certosa poco dopo le 8.

Le aziende italiane, soprattutto quelle che consumano molta energia, seguono da vicino l’andamento del petrolio. “Un prezzo sotto i 60 dollari è un sollievo per molti”, ha detto Marco Falcinelli, presidente di Confindustria Energia. Ma ha aggiunto subito: “L’incertezza è ancora alta. Nessuno si aspetta cambiamenti duraturi senza una soluzione politica chiara”.

Cosa aspettarsi nelle prossime settimane

Gli esperti invitano a non abbassare la guardia. I prezzi potrebbero risalire in fretta se i negoziati dovessero saltare o se ci fossero nuovi incidenti. “Il mercato è molto sensibile alle notizie che arrivano dal fronte russo-ucraino”, ha ricordato un trader della Borsa di Amsterdam. Anche le decisioni dell’OPEC+, attese la prossima settimana, potrebbero far muovere i prezzi: si parla di tagli alla produzione per sostenere il mercato in caso di surplus.

Nel frattempo, il clima resta teso. A New York, dove si scambia il WTI al Nymex, gli operatori sono pronti a reagire a qualsiasi novità. In Europa, invece, si guarda anche al cambio euro-dollaro: un euro più forte potrebbe aiutare a mantenere bassi i prezzi dei prodotti petroliferi importati.

Mercati energetici in attesa: la partita resta aperta

In breve, anche se nessuno lo dice apertamente, il mercato del petrolio sembra in stand-by. Tutti tengono gli occhi puntati sui negoziati tra Russia e Ucraina e sulle mosse dell’OPEC+. Per ora, il calo dei prezzi dà un po’ di respiro a consumatori e imprese europee. Ma la partita è tutt’altro che chiusa.