Caffarel festeggia 160 anni di dolcezza con il suo iconico Gianduiotto a Torino

Caffarel festeggia 160 anni di dolcezza con il suo iconico Gianduiotto a Torino

Caffarel festeggia 160 anni di dolcezza con il suo iconico Gianduiotto a Torino

Giada Liguori

Novembre 29, 2025

Torino, 29 novembre 2025 – Gianduia 1865, il celebre cioccolatino avvolto nella sua inconfondibile carta dorata firmata Caffarel, spegne oggi ben 160 candeline. Per festeggiare questo traguardo raro, l’azienda piemontese ha scelto il cuore pulsante di Torino, all’angolo tra via Lagrange e via Marcello Soleri, dove ha allestito una installazione sensoriale immersiva. L’ingresso è libero e aperto a cittadini e turisti sabato 29 e domenica 30 novembre, dalle 10 alle 18.30.

Il viaggio che coinvolge tutti i sensi

Dentro una struttura che riprende la forma iconica del gianduiotto, i visitatori si immergono in un percorso pensato per stuzzicare tutti e cinque i sensi. Si parte dall’olfatto, con i profumi intensi di cacao e nocciola che hanno reso unico questo cioccolatino. Poi si passa all’udito: tra voci narranti, suoni di laboratorio e registrazioni d’epoca, si ascolta la storia e le fasi di lavorazione del prodotto.

Il gusto è protagonista nel momento degli assaggi guidati, dove si riscopre la ricetta originale che dal 1865 conquista palati di ogni età. La vista e il tatto completano l’esperienza: immagini d’archivio, vecchie confezioni e superfici che riproducono la texture della carta dorata fanno rivivere la storia del gianduiotto.

Più di un semplice cioccolatino

Il Gianduiotto non è solo un dolce: è un pezzo di cultura e di ricordi che unisce generazioni”, ha spiegato Valeria Ungaro, direttrice marketing di Caffarel, durante la presentazione dell’iniziativa. Non è solo una questione di sapore: il nome richiama la maschera di Gianduja, simbolo del Carnevale piemontese, che porta con sé allegria e convivialità.

Il primo gianduiotto fece la sua comparsa nel 1865, distribuito durante le feste carnevalesche torinesi. Da allora, ha superato i confini regionali, diventando un ambasciatore della dolcezza piemontese nel mondo. “Ogni torinese ha un ricordo legato al gianduiotto”, racconta una signora in fila all’ingresso, “mia nonna li conservava sempre in una scatola di latta”.

Torino, casa del gianduiotto

La scelta di via Lagrange non è casuale. Tra boutique eleganti e caffè storici, questo angolo di città è la cornice perfetta per il gianduiotto. “Torino è la nostra casa da sempre”, ha sottolineato Ungaro, ricordando il legame profondo tra la città e il prodotto. L’installazione è anche un omaggio ai torinesi e ai visitatori, un invito a riscoprire un’eccellenza locale che ha saputo rinnovarsi senza perdere la sua anima.

Secondo i dati diffusi dall’azienda, ogni anno si producono oltre 500 milioni di gianduiotti, destinati sia al mercato italiano che all’estero. La ricetta è rimasta fedele all’originale: cacao selezionato, zucchero e nocciole delle Langhe, lavorate con metodi tradizionali.

Una festa che guarda avanti

Questa celebrazione non è solo un momento per guardare indietro, ma anche per pensare al futuro. “Vogliamo continuare a innovare senza dimenticare da dove veniamo”, ha detto Ungaro. Tra i prossimi progetti, nuove collaborazioni con chef e pasticceri locali e iniziative nelle scuole di Torino per far conoscere ai più giovani la storia del gianduiotto.

L’affluenza fin dalle prime ore è stata alta: famiglie con bambini, turisti curiosi e giovani attratti dall’esperienza multisensoriale. “Non immaginavo che dietro un cioccolatino ci fosse così tanto da scoprire”, confessa Marco, studente universitario in visita con gli amici.

Torino celebra il suo dolce simbolo

Il compleanno dei 160 anni del Gianduia 1865 si inserisce in un calendario di eventi che vede Torino protagonista nel panorama gastronomico nazionale. L’installazione resterà aperta fino a domenica sera, un’occasione per lasciarsi guidare dai sensi e riscoprire un piccolo, grande simbolo della città. Perché, come ricorda una delle voci dell’allestimento, “il gianduiotto è Torino che si fa dolcezza”.