Milano, 29 novembre 2025 – Ieri le strade di Milano, Roma, Genova, Bologna, Firenze, Pisa, Napoli e di tante altre città italiane si sono riempite di decine di migliaia di persone. Tutti uniti in una protesta contro la nuova Legge di Bilancio, che molti giudicano sbilanciata a favore della spesa militare e troppo povera sul fronte del welfare. A guidare la mobilitazione sono stati i sindacati di base, come la Cub, con cortei lunghi chilometri e una partecipazione variegata: studenti, lavoratori, pensionati. Una piazza che ha voluto far sentire la propria voce, preoccupata per il futuro dei servizi pubblici.
Spese militari sotto accusa: cosa dice la legge
Al centro delle critiche c’è la previsione di una spesa di 130 miliardi di euro per la Difesa nei prossimi quindici anni. Secondo chi protesta, questa cifra rischia di soffocare ancora di più i fondi per sanità, scuola e trasporti. I sindacati spiegano che la prima parte, pari a 20 miliardi di euro, è già prevista per il triennio 2026-2028. “Non la condividiamo”, ha detto un portavoce della Cub in piazza, “perché penalizza i servizi essenziali e mette al primo posto gli investimenti in armamenti”.
Sanità pubblica in affanno: troppo pochi fondi e liste d’attesa infinite
Uno dei temi più sentiti è stato quello della sanità pubblica. Secondo i sindacati, la Legge di Bilancio aumenta i fondi di appena 2 miliardi di euro, a fronte di problemi strutturali che già prima della pandemia pesavano per almeno 15 miliardi. “Le liste d’attesa sono interminabili”, racconta una manifestante davanti al Policlinico di Milano, “chi può si rivolge al privato”. Cub avverte: si rischia di andare verso un sistema alla statunitense, dove chi perde il lavoro o non ha abbastanza soldi resta senza cure. Molti hanno anche sottolineato la difficoltà a trovare personale medico e paramedico, con turni sempre più pesanti e reparti in crisi.
Trasporti e infrastrutture: investimenti troppo bassi
Non è solo la sanità a preoccupare. Anche i trasporti pubblici sono stati al centro delle proteste. I sindacati denunciano che nella manovra non ci sono investimenti significativi per il trasporto locale o per la sicurezza ferroviaria. “Si parla tanto del ponte sullo Stretto di Messina”, osserva un delegato Cub a Napoli, “ma nel frattempo metropolitane e treni regionali restano indietro”. La somma prevista per il ponte viene definita “esagerata” rispetto alle necessità quotidiane dei pendolari.
Scuola e salari: tagli e nessun aiuto contro l’inflazione
La protesta ha toccato anche la scuola. I sindacati denunciano tagli per circa 800 milioni di euro, con meno soldi per l’edilizia scolastica, il sostegno agli studenti in difficoltà e agli insegnanti di sostegno. “Da anni i fondi si prosciugano”, dice una docente in corteo a Firenze. Sul fronte dei salari la situazione non migliora: secondo Cub, gli stipendi non tengono il passo con l’inflazione e non si vedono misure per aiutare il reddito delle famiglie.
Le piazze parlano chiaro: “Così si indebolisce lo Stato sociale”
In tutte le città, la partecipazione è stata alta ma ordinata. Cartelli, striscioni e slogan hanno animato i cortei dalla mattina fino al tardo pomeriggio. “Così si indebolisce lo Stato sociale”, confida un pensionato a Bologna. Le richieste sono nette: più soldi per sanità, scuola e trasporti; meno per gli armamenti; attenzione ai salari e al costo della vita.
Gli organizzatori avvertono che la mobilitazione non si fermerà qui. “Se non arrivano risposte concrete”, ha detto la Cub in una nota serale, “siamo pronti a tornare in piazza”. Il governo, per ora, non ha risposto ufficialmente alle proteste. Ma il messaggio delle piazze, ieri come oggi, resta chiaro: per molti cittadini la priorità è difendere i servizi pubblici essenziali.
