Roma, 29 novembre 2025 – Oggi in Senato Fratelli d’Italia ha depositato una nuova versione dell’emendamento sulla manovra finanziaria che riguarda le riserve auree della Banca d’Italia. A firmarlo è stato il capogruppo Lucio Malan. Rispetto alla prima stesura, c’è una novità importante: sparisce il riferimento diretto alla proprietà dello Stato. Al suo posto, il testo parla della titolarità delle riserve attribuita al “Popolo Italiano”.
Riserve auree, cosa cambia davvero
Il nuovo emendamento propone una sorta di “interpretazione autentica” dell’articolo che regola la gestione dell’oro nel testo unico sulle norme valutarie. Nel documento si legge chiaramente: “Le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono al Popolo Italiano”. Un cambio di parole che sposta l’attenzione: da una proprietà statale netta a una titolarità più ampia, meno legata all’ente pubblico.
Fonti parlamentari raccontano che questa modifica è stata chiesta per evitare problemi di costituzionalità e per rispondere alle osservazioni arrivate dal Ministero dell’Economia e dalla stessa Banca d’Italia. “Abbiamo voluto mettere i paletti giusti senza esagerare”, spiega un esponente della maggioranza, precisando che dietro la nuova formula c’è stato un confronto interno non semplice.
Le reazioni non si fanno attendere
Il tema delle riserve auree – circa 2.452 tonnellate custodite nei caveau di via Nazionale – è da tempo al centro di un acceso dibattito politico. L’opposizione, in particolare Pd e Movimento 5 Stelle, si è mostrata scettica sull’intervento legislativo. “Non si può mettere a rischio la credibilità della Banca centrale”, ha detto la senatrice dem Cecilia D’Elia. Dal M5S arriva l’allarme su un possibile “clima di incertezza che potrebbe spaventare i mercati”.
Da parte della Banca d’Italia, nessuna dichiarazione ufficiale. Ma fonti vicine all’istituto, guidato da Fabio Panetta, confidano che ogni passo del Parlamento rispetti l’autonomia e la funzione tecnica della banca centrale. Il Ministero dell’Economia, contattato oggi, ha sottolineato che “ogni modifica va valutata con attenzione per non compromettere la stabilità finanziaria”.
Un tema vecchio, ma sempre caldo
La questione della proprietà delle riserve auree non è una novità. Già nel 2019, durante il primo governo Conte, si era acceso un dibattito tra Parlamento e Banca d’Italia sulla titolarità dell’oro custodito in Italia e all’estero. La legge attuale – in particolare l’articolo 4 del decreto legislativo del 7 settembre 2005, n. 209 – assegna la gestione delle riserve alla Banca d’Italia nel quadro del Sistema europeo delle banche centrali. Però non chiarisce in modo preciso a chi spetti la proprietà formale.
La nuova versione di Fratelli d’Italia sembra voler colmare questa lacuna, anche se lascia aperti molti dubbi. “Dire che le riserve appartengono al Popolo Italiano è un gesto simbolico”, spiega un docente di diritto pubblico della Sapienza, “ma nella pratica non cambia nulla: la governance e le regole restano le stesse”. Per intervenire davvero servirebbe una modifica costituzionale o una legge più dettagliata.
La partita in Senato
Ora l’emendamento passerà all’esame della Commissione Bilancio del Senato, atteso nei prossimi giorni. I lavori potrebbero andare avanti anche di notte, con l’obiettivo di chiudere entro il fine settimana. Non è escluso che si cerchino ancora mediazioni tra maggioranza e opposizioni.
Nel frattempo, a Palazzo Madama si respira prudenza. “Siamo consapevoli della delicatezza della questione”, confida un senatore di Fratelli d’Italia prima dell’inizio dei lavori. La partita sulle riserve auree resta aperta e rischia di avere ripercussioni ben più ampie rispetto alla semplice manovra.
