Londra, 29 novembre 2025 – Tom Stoppard, uno dei più grandi drammaturghi e sceneggiatori del secondo Novecento, si è spento ieri a 88 anni nella sua casa nel Dorset, nel sud dell’Inghilterra. A confermare la notizia sono stati i suoi agenti, l’agenzia United Agents, che hanno parlato di una morte “serena, circondato dalla famiglia”. Con la scomparsa di Stoppard si chiude un’epoca che, dagli anni Sessanta, ha visto il suo nome protagonista sia a teatro che al cinema.
Stoppard, tra palcoscenico e grande schermo
Nato come Tomáš Sträussler nel 1937 a Zlín, nell’allora Cecoslovacchia, arrivò in Inghilterra da bambino, fuggendo dall’occupazione nazista. Cresciuto a Bristol, scelse la cittadinanza britannica e iniziò a scrivere per il teatro negli anni Sessanta. Il suo primo successo importante fu “Rosencrantz and Guildenstern sono morti”, che debuttò al National Theatre di Londra nel 1967. Da quel momento, la sua scrittura – ironica, brillante e ricca di giochi di parole e riferimenti colti – ha cambiato il volto della drammaturgia inglese.
Nel corso della sua lunga carriera, Stoppard ha firmato opere come “Arcadia”, “The Real Thing”, “Rock ‘n’ Roll” e, più recentemente, “Leopoldstadt” (2020), che racconta la storia di una famiglia ebrea a Vienna tra Ottocento e Novecento. Il suo stile, sempre elegante e mai scontato, ha saputo conquistare pubblico e critici di diverse generazioni.
Oscar e Hollywood: il successo di “Shakespeare in Love”
Stoppard non si è limitato al teatro. È stato uno sceneggiatore molto richiesto a Hollywood. Nel 1999 ha vinto l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale con “Shakespeare in Love”, diretto da John Madden. Il film, che racconta l’amore immaginario tra il giovane Shakespeare e la nobildonna Viola De Lesseps, si aggiudicò sette statuette e fu un grande successo internazionale. “Scrivere per il cinema è come suonare uno strumento diverso”, aveva detto Stoppard in un’intervista alla BBC nel 2000. “Ma la sfida è sempre la stessa: trovare la voce giusta”.
Tra i suoi altri lavori per il cinema ci sono “Brazil” di Terry Gilliam e “Anna Karenina” di Joe Wright. Spesso veniva chiamato per riscrivere copioni o sistemare dialoghi già scritti. Era considerato un vero maestro della parola.
Premi e lascito culturale
Nel tempo, Stoppard ha raccolto una lunga serie di premi: quattro Tony Awards per il teatro, il titolo di Sir conferito dalla regina Elisabetta II nel 1997, lauree honoris causa da università come Oxford e Yale. Le sue opere sono state tradotte in decine di lingue e messe in scena in tutto il mondo. “Era uno scrittore che riusciva a far pensare e sorridere allo stesso tempo”, ha detto oggi Nicholas Hytner, ex direttore del National Theatre.
Anche la cultura britannica gli ha reso omaggio. Il critico Michael Billington ha ricordato come “Stoppard abbia portato la filosofia in teatro senza mai perdere leggerezza”. Dietro l’ironia dei suoi testi, però, si celava spesso una riflessione profonda sulla libertà, sulla memoria e sull’identità.
L’ultimo atto: “Leopoldstadt”
Negli ultimi anni, Stoppard si è concentrato soprattutto su “Leopoldstadt”, che molti considerano la sua opera più personale. La pièce, andata in scena a Londra a gennaio 2020, racconta le vicende di una famiglia ebrea viennese travolta dalle persecuzioni del Novecento. “È una storia che sentivo di dover raccontare”, aveva spiegato l’autore alla stampa inglese. L’opera ha ottenuto grande consenso e diversi premi internazionali.
Con la morte di Tom Stoppard si chiude un capitolo importante della cultura europea contemporanea. Le sue parole – tra ironia e malinconia – continueranno a risuonare nei teatri di tutto il mondo.
