Usb: la vertenza ex Ilva in stallo, è tempo di una scelta politica audace

Usb: la vertenza ex Ilva in stallo, è tempo di una scelta politica audace

Usb: la vertenza ex Ilva in stallo, è tempo di una scelta politica audace

Giada Liguori

Novembre 29, 2025

Taranto, 29 novembre 2025 – La vertenza sull’ex Ilva resta in stallo tra dubbi e attese, dopo l’incontro di ieri al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit). L’Unione Sindacale di Base (Usb) ha definito il tavolo “inconcludente”, sottolineando come la situazione dello stabilimento di Taranto, dove lavorano circa 18mila persone, sia ancora senza risposte concrete.

Usb: “Serve una svolta, non si può più aspettare”

Per l’Usb, l’unica novità riguarda la ripresa delle attività negli stabilimenti di Genova e Novi Ligure, mentre quello di Racconigi resta fermo. “Già questo basterebbe per aprire tavoli unici e condivisi”, ha detto il coordinamento sindacale, presente all’incontro romano. I rappresentanti dei lavoratori hanno avuto la sensazione che si sia trattato solo di uno scambio tra diversi livelli istituzionali, “una fase che avrebbe dovuto anticipare l’incontro al Mimit, per arrivare con soluzioni concrete davanti a chi vive il dramma dei lavoratori”.

La richiesta è chiara: “Non si può più temporeggiare, serve la nazionalizzazione”. Un appello che arriva in un momento delicato, con la tensione alta e la prospettiva di un piano industriale condiviso ancora lontana.

Il caso francese e la questione della banda stangata

Non è un caso che l’Usb abbia richiamato quanto accade in Francia. Proprio ieri, a Parigi, è partita la proposta di nazionalizzare ArcelorMittal France. “Ribadiamo che questa strada è percorribile anche da noi”, hanno sottolineato i delegati sindacali, puntando sull’intervento pubblico per salvaguardare lavoro e produzione.

Ma non è solo Taranto a preoccupare. Anche Genova mette al centro la questione della banda stangata, definita dal sindacato “il cuore produttivo e strategico del gruppo”. Senza un piano chiaro, spiegano dall’Usb, anche gli stabilimenti di Genova, Novi Ligure e Racconigi rischiano di finire nel declino che da mesi colpisce Taranto.

Lavoratori e famiglie in attesa: “Servono misure straordinarie”

L’atmosfera tra gli operai è tesa. Nei corridoi dello stabilimento pugliese, ieri sera, si respirava amarezza. “Così non si può andare avanti”, ha confidato un delegato Usb di Taranto poco dopo la fine dell’incontro ministeriale. A preoccupare non sono solo i posti di lavoro – circa 18mila tra diretti e indiretti – ma anche le famiglie e l’indotto che ruota attorno alla grande acciaieria.

Il sindacato chiede una “soluzione alternativa al privato” e “misure straordinarie per mettere in sicurezza i lavoratori”. Senza risposte rapide, cresce il timore che la crisi si allarghi ad altri territori. “Se non arriva una decisione politica forte – hanno ribadito dall’Usb – rischiamo un lento declino”.

Prossimi passi: attesa per nuovi incontri

Per ora non ci sono date fissate per nuovi confronti al Mimit. Il ministero, secondo fonti vicine al dossier, sta valutando le richieste dei sindacati e osservando da vicino gli sviluppi in Francia. Nel frattempo, nei siti produttivi si moltiplicano assemblee e iniziative di protesta.

La vertenza ex Ilva resta aperta. E mentre i lavoratori aspettano segnali concreti da Roma, la parola “nazionalizzazione” torna a farsi sentire nel dibattito pubblico. Una strada che, secondo l’Usb, potrebbe essere l’unica per garantire futuro e stabilità a migliaia di famiglie in tutta Italia.