Milano, 1 dicembre 2025 – Un patto segreto tra alcune delle figure più influenti della finanza italiana – Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri e Luigi Lovaglio – per prendere il controllo di Mediobanca e mettere le mani sulle Generali. È questa l’ipotesi che tiene banco nell’inchiesta della procura di Milano, che da mesi scuote i vertici bancari e politici del Paese. Secondo i magistrati, la strategia sarebbe stata “consapevole e coordinata”, articolata in almeno cinque fasi, con un punto di partenza chiaro: la vendita da parte del Tesoro del 15% di Monte dei Paschi di Siena a un gruppo ristretto di investitori, tra cui proprio Caltagirone e la Delfin di Milleri.
Vendita-lampo del Tesoro, una gara sotto i riflettori
Tutto parte il 24 gennaio scorso, quando il Ministero dell’Economia decide di cedere una quota importante di Mps. L’operazione è rapidissima: dura appena nove minuti. A partecipare sono solo quattro soggetti: Caltagirone, Delfin, Anima e Banco Bpm. L’intermediazione è affidata a Banca Akros. Il prezzo fissato è 5,9 euro per azione, comprensivo di un premio del 6,96%. Per i pm Luca Gaglio e Giovanni Polizzi, che lavorano con l’aggiunto Roberto Pellicano, parlare di una semplice coincidenza è fuori luogo. “La procedura sembra pilotata”, si legge negli atti. Ma ufficialmente tutto è regolare.
Dimissioni a Mps e pressioni dal mondo politico
Dopo l’ingresso dei nuovi soci, cinque consiglieri indipendenti di Mps si dimettono. Tre di loro, stando alla procura, lo fanno sotto la spinta diretta del ministero e del deputato leghista Alberto Bagnai. Nel consiglio entrano persone vicine agli artefici dell’operazione. Nel frattempo, Delfin e Caltagirone aumentano le loro quote in Mps, arrivando rispettivamente al 9,86% e al 9,96%. Secondo i pm, questi acquisti sono stati “concertati” e avrebbero dovuto avere il via libera di Bce e Consob. Ma le autorizzazioni ufficiali non sono mai arrivate.
La scalata a Mediobanca e le tensioni interne
Si apre così la partita dell’aumento di capitale per provare a scalare Mediobanca. Un azionista non le manda certo a dire: parla di “conflitti d’interesse”, definendo la situazione “una cosa da terzo mondo”. L’amministratore delegato Lovaglio si difende: “L’operazione l’ho presentata per la prima volta nel dicembre 2022 al ministro Giorgetti, credo fosse il giorno del suo compleanno”. Le tensioni si fanno più forti quando Mediobanca lancia una offerta pubblica di acquisto (Ops) su Banca Generali. Un dirigente del Mef, Stefano Di Stefano, si sfoga con Alessandro Tonetti di Cassa depositi e prestiti: “Mediobanca sta facendo di tutto per salvare il posto al suo ad. Un atteggiamento molto antigovernativo”.
“Bastardi della Finanza” e i giochi degli intermediari esteri
In quei giorni Lovaglio, intercettato al telefono, non nasconde il nervosismo: “Abbiamo il controllo… Se volete continuare a farci problemi, a speculare, a inventare storie, a fare i bastardi della Finanza, regolatevi”. L’inchiesta svela anche che le casse previdenziali Enasarco ed Enpam hanno comprato azioni Mediobanca passando per intermediari in Paesi poco collaborativi con le autorità italiane. Per gli inquirenti, Caltagirone, Milleri e Lovaglio avrebbero nascosto il loro accordo e non avrebbero lanciato una Opa obbligatoria dopo aver superato il 25% del capitale.
Il governo Meloni e la “legge capitali”
Il governo guidato da Giorgia Meloni entra in scena con un ruolo decisivo. Nel 2024 viene approvata la cosiddetta “legge capitali”, che permette a Caltagirone e Delfin di rafforzare la loro presenza nei consigli di Mediobanca e Generali. Nonostante ciò, i due gruppi restano guidati da Philippe Donnet (Generali) e Alberto Nagel (Mediobanca). Il progetto dei nuovi azionisti prende vigore quando la Bce stabilisce che solo una banca può acquisire Generali. Da qui la vendita-lampo del Tesoro con la procedura Accelerated Book Build.
Sms, pressioni e ombre sull’esecutivo
Tra le carte dell’inchiesta spunta un sms attribuito al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Secondo quanto racconta Lovaglio in una conversazione intercettata, “so che il ministro ha scritto un sms” per convincere il fondo americano Blackrock a sostenere gli scalatori contro Nagel. Lo stesso Lovaglio conferma pubblicamente in assemblea: “L’operazione l’ho presentata per la prima volta nel dicembre 2022 al ministro Giorgetti, precisamente il 16 dicembre 2022”.
Il governo sotto pressione: cosa rischia l’esecutivo?
L’indagine milanese mette ora il governo Meloni in difficoltà. Se dovesse emergere un coinvolgimento diretto o anche solo una mancata vigilanza sulle operazioni contestate, le conseguenze politiche potrebbero essere molto pesanti. Per ora Palazzo Chigi resta in silenzio. Ma nei corridoi della politica e della finanza la tensione è alta. “Se salta questo equilibrio – confida un deputato di maggioranza – rischiamo una tempesta perfetta”.
