La sorprendente complessità della percezione degli odori

La sorprendente complessità della percezione degli odori

La sorprendente complessità della percezione degli odori

Matteo Rigamonti

Dicembre 1, 2025

Tokyo, 1 dicembre 2025 – Il cervello umano distingue gli odori e ne valuta la piacevolezza seguendo due vie separate, attivate in momenti diversi. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista JNeurosci, guidato dall’Università di Tokyo, che apre nuove strade per capire meglio i disturbi dell’olfatto e per valorizzare un senso spesso trascurato.

Odore e giudizio: il cervello li gestisce in due tempi

La ricerca, condotta da Masako Okamoto, ha coinvolto volontari sottoposti a test olfattivi che hanno mostrato come il riconoscimento di un odore e il giudizio sulla sua gradevolezza non avvengano insieme. “Subito dopo aver percepito un odore – spiega Okamoto – il cervello si concentra sulle sue caratteristiche oggettive, come la struttura molecolare, per riconoscerlo. Solo dopo comincia a elaborare elementi più soggettivi, come se quell’odore piace o no”.

Nel laboratorio dell’ateneo giapponese, i volontari hanno annusato diverse sostanze mentre i ricercatori monitoravano l’attività cerebrale con tecniche di imaging avanzate. Dopo ogni stimolo, i partecipanti hanno compilato questionari e svolto test per misurare la loro capacità di identificare e distinguere gli odori.

Due circuiti, due compiti

Dai dati è emerso che la prima risposta del cervello scatta subito dopo l’esposizione a un odore ed è legata al riconoscimento preciso degli stimoli olfattivi. In questa fase, il cervello si concentra su informazioni oggettive: intensità, struttura molecolare, familiarità dell’odore. Solo più tardi si attiva un secondo circuito, che valuta se quell’odore è piacevole o meno.

Gli autori spiegano che l’intensità di questa prima fase si associa alla capacità di distinguere bene gli odori. La seconda fase, più lenta, riguarda invece il giudizio personale sulla piacevolezza. “Più è forte questa seconda attività – dicono i ricercatori – più si è consapevoli della presenza di odori gradevoli o sgradevoli nella vita di tutti i giorni”.

Nuove piste per curare i disturbi dell’olfatto

Questa doppia elaborazione potrebbe cambiare il modo di affrontare i disturbi olfattivi, come anosmia e parosmia, che sono diventati più noti anche grazie al Covid-19. Capire quali parti del cervello entrano in gioco nelle diverse fasi della percezione potrà aiutare a mettere a punto test più precisi e cure più mirate.

Gli studiosi sottolineano anche la possibilità di “allenare” l’olfatto. Se si riuscisse a migliorare separatamente la capacità di riconoscere gli odori e quella di valutarne la piacevolezza, si potrebbero aprire nuove opportunità non solo per chi ha problemi olfattivi, ma anche per chi lavora in settori dove questo senso è fondamentale: dalla cucina al vino, dalla profumeria alla medicina.

Un senso spesso sottovalutato, ma fondamentale

L’olfatto, spesso messo in secondo piano rispetto alla vista o all’udito, ha invece un ruolo chiave nella vita quotidiana. Influenza cosa mangiamo, come ci relazioniamo con gli altri e persino la memoria. “Stiamo appena iniziando a scoprire quanto il cervello sia complesso nel gestire le informazioni olfattive”, confida Okamoto. Il passo successivo sarà capire se questi meccanismi sono unici per l’olfatto o se si trovano anche in altri sensi.

Per ora, lo studio dell’Università di Tokyo aggiunge un pezzo importante al puzzle del funzionamento del cervello umano. E ci ricorda che dietro ogni respiro, anche quello più distratto, si nasconde un lavoro complesso e ancora in gran parte misterioso.