Verona, 1 dicembre 2025 – Maria Luisa Ramponi, 59 anni, è stata dimessa questa mattina dall’ospedale di Borgo Trento a Verona, dove era ricoverata dal 14 ottobre scorso dopo le gravi ustioni riportate nell’esplosione del casolare di Castel d’Azzano. La donna, accusata di aver acceso la miccia che ha causato la deflagrazione costata la vita a tre carabinieri e il ferimento di altre ventisei persone, è stata trasferita al carcere di Montorio. Qui si trovano già i fratelli Franco e Dino Ramponi, anch’essi coinvolti nell’inchiesta.
Dall’ospedale al carcere: il trasferimento di Maria Luisa Ramponi
L’Azienda ospedaliera universitaria di Verona ha confermato che la paziente “è stata dimessa dal Centro Ustioni, dove era stata trasferita dalla Terapia Intensiva, e non ha bisogno di ulteriori cure ospedaliere”. Dopo oltre un mese trascorso tra reparti specializzati e controlli, Maria Luisa Ramponi ha mostrato segni di miglioramento. Fonti sanitarie sottolineano che “è lucida e ha anche ripreso peso”, un segnale positivo dopo le ferite subite. Solo una volta sistemata in carcere, spiegano fonti giudiziarie, potrà essere interrogata dal magistrato che segue il caso.
La notte dell’esplosione: una tragedia che non si dimentica
Il 14 ottobre, poco dopo le 22, un’esplosione violentissima ha distrutto il casolare della famiglia Ramponi in via Villafontana, a Castel d’Azzano. Secondo gli investigatori, la deflagrazione è stata causata da una miccia collegata a otto bombole di gas. I carabinieri erano sul posto per eseguire un ordine di sgombero quando tutto è precipitato. Tre militari – Valerio Daprà, Marco Piffari e Davide Bernardello – sono morti sul colpo. Altri venticinque, tra agenti e soccorritori, sono rimasti feriti. Maria Luisa Ramponi è stata estratta dalle macerie con ustioni estese su gran parte del corpo.
Le accuse: chi ha acceso la miccia?
Per la Procura di Verona, Maria Luisa Ramponi è la persona che ha materialmente azionato la miccia che ha fatto saltare in aria il casolare. I fratelli Franco e Dino sono indagati per concorso nella strage. L’inchiesta, guidata dal sostituto procuratore Giovanni Bianchi, sta cercando di ricostruire ogni dettaglio di quella notte. “Stiamo valutando se ci siano state premeditazione o altre persone coinvolte”, ha detto una fonte vicina alle indagini. Ora che la donna è in carcere, gli inquirenti potranno procedere con gli interrogatori.
Il dolore della comunità e le reazioni ufficiali
A Castel d’Azzano la ferita è ancora aperta. Nei giorni seguiti all’esplosione, centinaia di persone si sono radunate davanti al municipio per una veglia silenziosa. Il sindaco, Giulia Marini, ha parlato di “una ferita profonda per tutta la comunità”. L’Arma dei Carabinieri ha espresso il proprio cordoglio per la perdita dei tre militari: “Un sacrificio che non dimenticheremo mai”, ha detto il comandante provinciale durante la cerimonia funebre. Sul fronte giudiziario, i familiari delle vittime chiedono chiarezza: “Vogliamo risposte rapide e trasparenti”.
Cosa succede ora?
Con Maria Luisa Ramponi in carcere, gli investigatori potranno ascoltare la sua versione dei fatti. Gli interrogatori sono previsti nei prossimi giorni nel penitenziario di Montorio. Nel frattempo, proseguono gli accertamenti tecnici: i periti stanno esaminando i resti delle bombole e i residui della miccia per confermare la dinamica dell’esplosione. Solo a quel punto – spiegano fonti investigative – si potrà stabilire con precisione la responsabilità penale dei tre fratelli Ramponi.
La vicenda di Castel d’Azzano resta sotto i riflettori, tra richieste di giustizia e tante domande ancora senza risposta.
