Roma, 2 dicembre 2025 – Come si formano i ricordi che restano per sempre? È una domanda che da anni tiene banco tra neuroscienziati e medici. Ora una ricerca pubblicata su Nature e guidata dalla Rockefeller University di New York prova a dare una risposta. La neuroscienziata Priya Rajasethupathy e il suo team hanno scoperto che la memoria a lungo termine non è un meccanismo fisso. Al contrario, si attiva grazie a una serie di “timer molecolari” che scattano in momenti diversi, anche dopo giorni o settimane. È come un sistema che decide, ogni volta, se un ricordo deve restare o sparire.
Il viaggio del ricordo: dal laboratorio al cervello
Gli scienziati hanno seguito i movimenti di topi inseriti in un ambiente di realtà virtuale, osservando in tempo reale i cambiamenti nel cervello mentre si formavano i ricordi. “Abbiamo voluto capire – spiega Rajasethupathy – quali passaggi molecolari permettono a un’informazione di diventare duratura”. Ecco cosa hanno trovato: tre regolatori chiave, attivi in diverse zone del cervello, che decidono il destino della memoria.
Il primo scatta nell’ippocampo, la zona del cervello famosa per la formazione dei ricordi. Qui si attiva il primo timer molecolare, chiamato Camta 1. È in questa fase che l’informazione viene “registrata” e comincia il suo viaggio verso la memoria a lungo termine.
Tre timer che decidono il destino della memoria
Ma il processo non finisce qui. A distanza di ore o giorni si accende un secondo regolatore, il Tcf4. Questo timer serve a proteggere il ricordo, consolidandolo e impedendo che venga dimenticato troppo presto. Solo dopo entra in gioco il terzo timer, Ash1l, che rinforza la traccia della memoria e la rende stabile nel tempo.
Non solo l’ippocampo fa la sua parte. I ricercatori hanno scoperto un ruolo importante anche nel talamo, che fa da ponte tra la memoria a breve e quella a lungo termine, e nella corteccia cingolata anteriore, che è come la “casa” dei ricordi più solidi. “Il cervello sembra avere una serie di checkpoint – racconta uno degli autori – e solo superandoli tutti un ricordo può diventare davvero indelebile”.
Nuove speranze per Alzheimer e disturbi della memoria
Questa scoperta potrebbe avere un grande impatto nella lotta contro i disturbi della memoria, come quelli legati alla malattia di Alzheimer. Capire come funzionano questi timer molecolari apre la strada a nuove strategie: in futuro si potrebbe “aggirare” le zone cerebrali danneggiate, passando per circuiti ancora attivi.
“Non siamo ancora arrivati a questo – precisa Rajasethupathy – ma conoscere i meccanismi ci fa pensare a terapie più mirate”. In pratica, intervenire su uno o più di questi timer potrebbe aiutare a rafforzare i ricordi in chi ha problemi cognitivi.
Un quadro ancora da completare
La ricerca rappresenta un passo avanti importante, ma lascia aperte molte domande. Ad esempio, non è chiaro come questi timer siano influenzati da fattori come lo stress o l’età. Però, la strada sembra segnata: “Abbiamo appena iniziato a capire come funziona davvero la memoria – ammette uno degli autori – e ogni nuovo pezzo del puzzle ci avvicina a cure più efficaci”.
Per ora, il lavoro della Rockefeller University offre una mappa dettagliata dei meccanismi alla base della memoria a lungo termine. Un viaggio nel cervello che potrebbe cambiare, negli anni a venire, il modo in cui affrontiamo le malattie neurodegenerative e i disturbi cognitivi.
