Rivoluzione nel caso Pifferi: assolte le professioniste coinvolte, le accuse di manomissione cadono

Rivoluzione nel caso Pifferi: assolte le professioniste coinvolte, le accuse di manomissione cadono

Rivoluzione nel caso Pifferi: assolte le professioniste coinvolte, le accuse di manomissione cadono

Matteo Rigamonti

Dicembre 2, 2025

Milano, 2 dicembre 2025 – Sono stati assolti senza riserve l’avvocata Alessia Pontenani, il perito psichiatrico Marco Garbarini e quattro psichiatre del carcere di San Vittore, coinvolti nell’inchiesta parallela al caso di Alessia Pifferi. La donna, condannata in secondo grado a 24 anni per la morte della figlia Diana, lasciata sola in casa nel luglio 2022, aveva visto aprirsi un nuovo fronte giudiziario. Questa mattina, il giudice dell’udienza preliminare Roberto Crepaldi ha respinto le accuse di falso ideologico e favoreggiamento mosse dalla Procura. Secondo il tribunale, non c’è stata alcuna manipolazione dei test sulla salute mentale della madre.

Manipolazione delle perizie? Nessuna prova

Il procedimento, seguito con attenzione a Milano, ruotava attorno al sospetto di una manipolazione delle perizie psichiatriche. L’accusa, guidata dal pm Francesco De Tommasi, sosteneva che i professionisti coinvolti avessero cercato di indirizzare i risultati verso un “vizio parziale di mente”, per agevolare la posizione di Pifferi nel processo. Ma in aula è emerso un quadro diverso. Il giudice Crepaldi ha giudicato insufficienti le prove a sostegno delle accuse. Le richieste di condanna – che andavano dai 3 ai 4 anni – sono state respinte.

Solo una delle imputate, la psicologa Letizia Marazzi, è stata rinviata a giudizio, e solo per un episodio staccato dal caso principale: avrebbe fatto sostituire la propria presenza a un corso professionale da una collega, certificando falsamente la partecipazione.

“È finito un incubo”, dicono gli assolti

«È finito un incubo», ha detto l’avvocata Pontenani appena uscita dal tribunale. Visibilmente provata, ha aggiunto: «Questa sentenza dimostra che gli avvocati devono poter fare il loro lavoro. Non esiste un eccesso di difesa: anche chi compie crimini orribili ha diritto a essere assistito». Parole riprese dal suo difensore, Corrado Limentani: «Non è emerso nemmeno un indizio. Questo processo non avrebbe mai dovuto partire. Ha causato danni gravi a chi è coinvolto».

Nel corridoio del palazzo di giustizia, poco dopo le 11.30, si sono incrociati sguardi tesi e qualche abbraccio tra legali e consulenti appena assolti. Le psichiatre del carcere hanno preferito non commentare.

Il caso che scosse Milano

Il caso Pifferi aveva già scosso l’opinione pubblica nel 2022, quando la piccola Diana fu trovata morta nell’appartamento di via Parea, a Milano. La madre era stata arrestata e condannata in primo grado a 30 anni, poi ridotti in appello a 24. Nel frattempo, la Procura aveva aperto un fascicolo parallelo per verificare la correttezza delle perizie psichiatriche usate nel processo principale.

Gli inquirenti avevano notato alcune “anomalie” nelle relazioni cliniche. Da qui l’ipotesi di una regia nascosta per pilotare i risultati degli accertamenti. Ma oggi il giudice Crepaldi ha chiuso la questione: nessuna delle accuse ha trovato conferma nei documenti esaminati.

La difesa al centro della scena

La sentenza riporta l’attenzione sul tema della tutela della difesa nei processi penali. «Non è giusto fare un processo dentro un altro processo», ha detto Pontenani, sottolineando il rischio che il diritto alla difesa della sua assistita venisse compromesso. «Forse il procedimento di Alessia Pifferi avrebbe avuto un esito diverso già in primo grado», ha aggiunto.

Molti avvocati presenti in aula hanno visto nella decisione un messaggio chiaro: «La difesa non può essere trattata come un reato», ha confidato un penalista milanese che segue da vicino il caso.

Cosa succede adesso

Ora resta da capire se questa sentenza influirà sul ricorso in Cassazione presentato dai legali di Pifferi. L’unico nodo ancora aperto riguarda la psicologa Marazzi, che dovrà rispondere davanti al tribunale per un episodio formale e staccato dalla vicenda delle perizie psichiatriche.

Nel quartiere di Ponte Lambro, dove viveva la famiglia Pifferi, la notizia dell’assoluzione è stata accolta con commenti sobri. «Era giusto fare chiarezza», ha detto una vicina, mentre davanti al portone di via Parea qualcuno scuoteva la testa: «Questa storia ci ha segnati tutti».

Il caso resta aperto su altri fronti, ma per gli imputati assolti oggi si chiude un capitolo pesante.