Milano, 2 dicembre 2025 – Il Garante della Privacy ha multato per 40mila euro la produzione della docuserie “Il caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio”, andata in onda su Netflix nel 2024. Il motivo? L’uso di intercettazioni private della famiglia Gambirasio mai finite negli atti del processo contro Massimo Bossetti. La sanzione arriva dopo l’esposto presentato proprio dai genitori di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra sparita il 26 novembre 2010 e ritrovata senza vita tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011.
Intercettazioni private usate senza permesso: la denuncia della famiglia
Secondo il Garante, nella docuserie sono finite 46 registrazioni audio private, tra cui messaggi lasciati dalla madre sulla segreteria telefonica di Yara nei giorni della sua sparizione, quando ancora si sperava in un miracolo. Quei materiali, ha spiegato l’Autorità, “non dovevano essere diffusi”. Non erano mai stati acquisiti ufficialmente nel processo e non potevano diventare di dominio pubblico. La famiglia Gambirasio, che aveva già detto no al progetto, ha parlato di “un’intrusione ingiustificata”, accusando la produzione di voler “pizzicare la morbosa curiosità degli spettatori”.
La replica della produzione e il nodo del diritto di cronaca
La serie, prodotta da una società italiana insieme a Netflix, aveva contattato i Gambirasio sia prima sia durante le riprese, cercando la loro disponibilità a partecipare o a fornire testimonianze. La famiglia però ha sempre rifiutato. Di fronte all’esposto, i produttori hanno rivendicato il diritto di cronaca, sottolineando l’interesse pubblico verso uno dei casi giudiziari più discussi degli ultimi anni. Il Garante, però, ha bocciato questa giustificazione: “Diffondere quelle intercettazioni è una violazione dei principi di liceità e minimizzazione previsti dal Regolamento europeo e dalle regole deontologiche dei giornalisti”, si legge nel provvedimento.
Perché il Garante ha deciso così e cosa rischia la produzione
L’Autorità ha evidenziato che pubblicare quelle conversazioni private, soprattutto quelle legate ai momenti più duri vissuti dalla famiglia subito dopo la scomparsa di Yara, non aveva alcuna giustificazione informativa. “Non sono atti pubblici né elementi utili al processo”, ha spiegato una fonte vicina all’indagine. La multa da 40mila euro è tra le più pesanti degli ultimi mesi per violazioni della privacy in campo mediatico. La produzione può comunque fare ricorso contro la decisione.
Il caso Yara, tra cronaca e rispetto della privacy
La storia di Yara Gambirasio ha segnato profondamente l’Italia. Il processo a Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo nel 2018 in via definitiva, è stato seguito da milioni di persone e ha acceso un acceso dibattito sui limiti del racconto mediatico dei processi. L’uso di materiali così sensibili, come le intercettazioni private dei familiari, riapre la questione delicata tra diritto di cronaca e tutela della dignità personale. “Non abbiamo mai voluto che il nostro dolore diventasse uno spettacolo”, hanno detto i Gambirasio tramite il loro avvocato.
Un precedente che fa discutere tutto il settore
La decisione del Garante arriva in un momento in cui le piattaforme di streaming puntano sempre di più su docuserie ispirate a fatti di cronaca nera. Il caso solleva dubbi anche tra gli esperti del settore. “Serve più attenzione nella gestione dei dati personali delle vittime e delle loro famiglie”, ha commentato un rappresentante dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Solo così, forse, si potrà raccontare storie complesse senza oltrepassare i limiti imposti dalla legge e dal rispetto umano.
Per ora, la produzione dovrà fare i conti con la multa e con un dibattito che, a distanza di anni dal delitto, resta più vivo che mai.
