L’Italia e l’Antartide: quattro decenni di ricerca e tutela nel continente ghiacciato

L'Italia e l'Antartide: quattro decenni di ricerca e tutela nel continente ghiacciato

L'Italia e l'Antartide: quattro decenni di ricerca e tutela nel continente ghiacciato

Matteo Rigamonti

Dicembre 3, 2025

Roma, 3 dicembre 2025 – Quarant’anni fa, sulle coste gelide della Baia Terra Nova, nasceva la base “Mario Zucchelli”, il primo avamposto italiano in Antartide. Da allora, la presenza italiana si è spinta fino al plateau, dove oggi si trova la base italo-francese Concordia. Un anniversario che non è solo una data da celebrare, ma anche un momento per fare il punto: quattro decenni di ricerca italiana in Antartide, tra difficoltà logistiche e scoperte che hanno cambiato il modo in cui comprendiamo i cambiamenti climatici a livello globale.

L’Antartide: la sentinella del pianeta

“La ricerca italiana in Antartide ha fatto passi da gigante. Sappiamo bene che l’Antartide è una sentinella del pianeta: ciò che succede lì si ripercuote su tutto il mondo”, ha detto Giuliana Panieri, direttrice dell’Istituto di scienze polari del CNR, durante il convegno a Roma organizzato dalla Commissione Scientifica Nazionale per l’Antartide. L’evento, nato per festeggiare i 40 anni del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra), ha raccolto ricercatori, rappresentanti delle istituzioni e del governo.

“L’Antartide ci racconta come sta cambiando il pianeta e ci dà indizi su cosa ci aspetta in futuro”, ha aggiunto Panieri. Un monito che arriva in un momento cruciale, mentre i dati raccolti nelle basi italiane – spesso in condizioni estreme, con temperature che scendono sotto i -40 gradi e venti oltre i 100 km/h – sono diventati fondamentali per capire le dinamiche climatiche globali.

Quarant’anni di scoperte e collaborazione

Dal 1985 a oggi, il Pnra ha messo l’Italia tra i protagonisti della ricerca polare. Non solo per la qualità delle pubblicazioni scientifiche, ma anche per la capacità di organizzare missioni complesse e garantire il supporto logistico in un ambiente così duro. “In questi 40 anni l’Italia ha dimostrato di essere una nazione scientificamente preparata”, ha sottolineato Panieri. “Abbiamo ricercatori di livello internazionale, sia nella scienza sia nella logistica”.

La base “Mario Zucchelli”, operativa durante l’estate australe, e la stazione Concordia, che funziona tutto l’anno grazie alla collaborazione con la Francia, sono oggi due centri di riferimento per la comunità scientifica internazionale. Le ricerche spaziano dall’oceanografia alla geofisica, dalla biologia alla climatologia. Dietro ogni spedizione, però, c’è un lavoro silenzioso e meticoloso: materiali spediti da Civitavecchia mesi prima, squadre che si avvicendano tra novembre e febbraio, comunicazioni radio che rompono il silenzio della banchisa.

I pilastri dietro la ricerca

Il Pnra è finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca e gestito da tre enti principali: il CNR per il coordinamento scientifico, l’Enea per la pianificazione e l’organizzazione logistica nelle basi antartiche, e l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi. Quest’ultima, varata nel 2019, ha preso il posto della storica “Italica” e oggi assicura i collegamenti tra l’Italia e le basi, trasportando persone, materiali e strumenti.

“L’Antartide non è solo un luogo geografico, ma una frontiera strategica che riguarda il futuro di tutti noi”, ha ricordato Isabella Rauti, sottosegretaria alla Difesa con delega all’Ambiente Artico, sub-Artico e Antartide. Un’affermazione confermata dai dati: negli ultimi dieci anni, le missioni italiane hanno monitorato lo scioglimento dei ghiacci, studiato i cambiamenti delle correnti oceaniche e raccolto informazioni preziose sugli ecosistemi estremi.

Satelliti, mare e ghiaccio: la ricerca che guarda lontano

Le scoperte più importanti sono arrivate dall’unione di dati satellitari, missioni in mare e ricerche sul campo. Gli scienziati italiani hanno preso parte a progetti internazionali come il monitoraggio del buco dell’ozono e lo studio dei sedimenti marini profondi. Ogni anno, secondo il CNR, vengono raccolti più di 500 campioni di ghiaccio e acqua, che poi finiscono nei laboratori italiani ed europei per le analisi.

Il futuro della ricerca italiana in Antartide passa anche attraverso nuove tecnologie: droni che sorvegliano le crepe nei ghiacci, sensori subacquei per misurare le temperature delle acque profonde, sistemi di comunicazione satellitare sempre più avanzati. “Solo lì, sul posto, capiamo davvero quanto conti ogni singolo dato raccolto”, ha confidato un tecnico al convegno.

La sfida continua

A quarant’anni dalla prima spedizione italiana, la sfida dell’Antartide è ancora aperta. Le condizioni estreme non hanno mai fermato le squadre del Pnra, che ogni anno tornano a sud con lo stesso spirito di chi parte per una nuova avventura. E mentre il mondo si concentra sempre di più sui segnali che arrivano dal continente bianco, la ricerca italiana si prepara a scrivere nuovi capitoli. Con la consapevolezza, come ha detto Panieri, che “quello che succede in Antartide riguarda tutti noi”.