Trump preannuncia il futuro presidente della Fed: l’annuncio atteso nel 2026

Trump preannuncia il futuro presidente della Fed: l'annuncio atteso nel 2026

Trump preannuncia il futuro presidente della Fed: l'annuncio atteso nel 2026

Giada Liguori

Dicembre 3, 2025

New York, 3 dicembre 2025 – Donald Trump torna a parlare di politica monetaria e della Federal Reserve durante una riunione di gabinetto a Manhattan. L’ex presidente ha ribadito con forza la necessità che la banca centrale americana abbassi i tassi di interesse. “Anche Jamie Dimon lo ha detto”, ha sottolineato, riferendosi all’amministratore delegato di JPMorgan Chase, che nei giorni scorsi aveva espresso un giudizio simile sulle mosse della Fed.

Trump riaccende il dibattito sui tassi della Fed

L’incontro è iniziato poco dopo le 9.30 nella sala conferenze del suo quartier generale. Trump ha parlato di inflazione negli Stati Uniti, ricordando come i dati del Bureau of Labor Statistics mostrino ancora una tendenza al rallentamento. “L’inflazione sta scendendo, dovrebbe calare ancora un po’, ma non troppo”, ha detto davanti al suo staff e ad alcuni consiglieri economici. Poi, con un tono più pratico, ha aggiunto: “Se scende troppo rischiamo la disinflazione, che è anche peggio”.

Le sue parole arrivano in un momento delicato per la Federal Reserve, guidata da Jerome Powell, che deve decidere se e quando tagliare i tassi, ora fermi tra il 5,25% e il 5,50%. La questione tiene banco anche sui mercati: ieri il Dow Jones ha chiuso in leggero rialzo dopo le voci di possibili riduzioni nella prima metà del 2026.

Federal Reserve, cosa succederà nel 2026?

Trump non si è fermato al presente. Ha annunciato che “il nuovo presidente della Fed sarà nominato all’inizio del 2026”, lasciando intendere che un suo eventuale ritorno alla Casa Bianca potrebbe portare a un cambio ai vertici dell’istituto. La dichiarazione ha subito attirato l’attenzione degli analisti. Secondo fonti vicine ai repubblicani, tra i nomi in ballo ci sarebbero sia banchieri sia economisti critici verso le politiche restrittive degli ultimi anni.

La posizione di Trump riflette un malcontento crescente in certi settori dell’economia americana sul livello attuale dei tassi. Jamie Dimon, citato dallo stesso Trump, aveva detto in una recente intervista alla CNBC che “un taglio graduale sarebbe l’ideale per sostenere la crescita senza far ripartire l’inflazione”. Un punto di vista condiviso anche da altri big di Wall Street, come Mary Callahan Erdoes di JPMorgan Asset Management e Brian Moynihan di Bank of America.

Inflazione in calo, ma i rischi non sono spariti

Gli ultimi dati ufficiali mostrano che l’indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti è salito dello 0,2% su base mensile a novembre, con un tasso annuo al 3,1%. Un bel passo indietro rispetto ai picchi sopra il 9% del biennio scorso. Tuttavia, la Fed continua a tenere d’occhio sia il mercato del lavoro sia l’andamento dei salari, per evitare che un taglio troppo frettoloso riporti l’inflazione a correre.

“Non possiamo abbassare la guardia”, ha detto ieri Jerome Powell durante un’audizione al Congresso. “La nostra priorità resta mantenere stabili i prezzi”. Ma intanto tra gli operatori finanziari cresce l’attesa di un cambiamento già nei primi mesi del prossimo anno. Secondo un sondaggio Bloomberg tra i principali gestori di fondi americani, più del 60% si aspetta almeno un taglio entro giugno 2026.

Mercati in attesa, politica in fermento

La questione dei tassi si intreccia con la campagna per le presidenziali del 2026. Trump, che punta a tornare alla Casa Bianca dopo la sconfitta del 2020, usa il tema economico per rafforzare la sua posizione tra gli elettori moderati e gli imprenditori. “Serve una politica monetaria più equilibrata”, ha confidato un suo consigliere economico a margine della riunione.

Nel frattempo, a Washington e a Wall Street continuano le speculazioni sul futuro della Federal Reserve e sulle conseguenze per famiglie e imprese. Solo quando arriveranno le prime mosse concrete si capirà se le parole di Trump e Dimon segneranno davvero una svolta nella politica monetaria americana.