Roma, 4 dicembre 2025 – Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) è al centro di una riforma che interessa le professioni non ordinistiche, un universo che coinvolge più di 400 associazioni in tutta Italia. Durante la tavola rotonda “Governance della comunicazione professionale: competenze certificate e responsabilità”, organizzata a Roma da Manageritalia, il portavoce del ministero, Fabio Miotti, ha illustrato i passi in corso per aggiornare le regole e spingere le associazioni verso una maggiore autoregolamentazione.
Il Mimit e la sfida delle professioni non ordinistiche
Miotti ha spiegato che il Mimit ha il compito di tenere aggiornata la lista delle professioni non ordinistiche e di favorire l’autoregolazione tra le associazioni che le rappresentano. “Stiamo parlando di un settore vastissimo, con oltre 400 realtà coinvolte”, ha detto Miotti, sottolineando come il ministero stia lavorando anche per promuovere l’importanza di un continuo aggiornamento sulle norme Uni, gli standard tecnici che definiscono competenze e procedure nei vari settori.
Negli ultimi mesi, il ministero ha intensificato il dialogo con le associazioni per arrivare a un testo definitivo sul nuovo regolamento sull’equo compenso. Il tavolo di lavoro, guidato dal sottosegretario Massimo Bitonci, dovrebbe chiudersi entro poche settimane. L’obiettivo è chiaro: avere un risultato concreto già nei primi mesi del prossimo anno.
Equo compenso, la certificazione Uni come riferimento
Uno dei nodi principali al centro del dibattito è la possibilità di usare la certificazione Uni come parametro oggettivo per stabilire l’equo compenso. “È un aspetto che stiamo valutando con attenzione”, ha confermato Miotti, “e sarà importante anche per chi lavora nella comunicazione”. La certificazione Uni è uno standard riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Serve a certificare le competenze dei professionisti e a garantire più trasparenza nei rapporti di lavoro.
Secondo Manageritalia, adottare criteri oggettivi come la certificazione Uni potrebbe aiutare a ridurre le differenze nei compensi e a valorizzare davvero le capacità dei professionisti della comunicazione. Un tema sentito, soprattutto in un settore dove la concorrenza è alta e il rischio di sottovalutare il lavoro resta concreto.
Intelligenza artificiale, tra opportunità e rischi per la comunicazione
Nel suo intervento, Miotti ha toccato anche il tema dell’intelligenza artificiale (IA) e il suo impatto sul lavoro. “L’IA non sarà tanto un pericolo per i comunicatori e per le professioni altamente specializzate come le nostre”, ha spiegato, “anzi, se usata bene potrà essere un aiuto”. Il vero rischio, secondo lui, riguarda i lavori meno qualificati, dove l’automazione potrebbe significare meno posti disponibili.
Più preoccupante, però, è l’effetto che l’uso diffuso dell’IA potrebbe avere sulle nuove generazioni. “Mi spaventa di più il modo in cui può influire sui giovani”, ha detto Miotti. Il timore è che i ragazzi possano perdere interesse nello studio e nell’approfondimento dei testi, fondamentali per formare un pubblico critico e consapevole. “Questo potrebbe indebolire il ruolo dei comunicatori in futuro”, ha aggiunto, “perché senza un pubblico capace di valutare ciò che comunichiamo, il nostro lavoro perde valore”.
Il futuro delle professioni non ordinistiche
Il confronto tra ministero e associazioni andrà avanti nelle prossime settimane, con l’obiettivo di definire insieme le nuove regole sull’equo compenso e sull’uso della certificazione Uni. Solo così – ha lasciato intendere Miotti – si potranno garantire condizioni più chiare e tutelanti per i professionisti della comunicazione.
In attesa di sviluppi concreti, resta alta l’attenzione sulle trasformazioni che stanno attraversando le professioni non ordinistiche, un mondo che reclama riconoscimento e regole certe in un panorama sempre più complesso. E mentre la tecnologia avanza, il dibattito su competenze, responsabilità e formazione diventa ogni giorno più urgente.
