Occupazione dei laureati in crescita: una sfida rispetto agli standard europei

Occupazione dei laureati in crescita: una sfida rispetto agli standard europei

Occupazione dei laureati in crescita: una sfida rispetto agli standard europei

Giada Liguori

Dicembre 4, 2025

Roma, 4 dicembre 2025 – In Italia, chi ha una laurea o ha proseguito gli studi dopo la scuola superiore trova lavoro con più facilità rispetto a chi si ferma al diploma o alla licenza media. Lo conferma il nuovo report Istat sui livelli di istruzione e l’occupazione nel 2024, che mostra un quadro a due facce: il vantaggio per chi è più istruito resta chiaro, ma il nostro Paese continua a inseguire la media europea sia per numero di laureati sia per tasso di occupazione tra chi ha un titolo universitario.

L’istruzione fa ancora la differenza sul lavoro

I dati diffusi dall’Istat parlano chiaro: nel 2024 il tasso di occupazione tra i 25 e i 64 anni in Italia è al 70,1%. Ma è il titolo di studio a fare davvero la differenza. Tra chi ha una laurea o un altro titolo terziario, il tasso sale all’84,7%. Un dato che supera di più di dieci punti quello dei diplomati (74%) e di quasi trenta rispetto a chi si è fermato alla scuola dell’obbligo (55%). “Il titolo di studio resta una leva fondamentale per entrare nel mondo del lavoro”, si legge nel rapporto.

Tuttavia, anche tra i laureati italiani la situazione non è brillante se paragonata all’Europa. Il tasso di occupazione dei laureati nel nostro Paese è inferiore di 3,1 punti rispetto alla media UE. Un segnale che, secondo gli esperti dell’Istat, riflette sia la struttura del mercato del lavoro sia la minore diffusione dei titoli universitari.

Pochi laureati, meno occupati rispetto all’Europa

Il vero problema è proprio la bassa quota di laureati. Nel 2024, solo il 22,3% degli italiani tra i 25 e i 64 anni ha un titolo terziario, contro una media europea del 36,1%. Il divario non si riduce: nell’ultimo anno la crescita è stata modesta (+0,7 punti), sotto la media dell’UE27 (+1 punto). Così l’Italia resta tra gli ultimi in Europa, davanti solo alla Romania e lontanissima da Francia (43,4%) e Spagna (42%).

“Il gap con l’Europa è ancora molto ampio”, spiega un ricercatore Istat. “Pochi laureati significa meno possibilità di crescita economica e innovazione”. Eppure, il premio occupazionale per chi studia rimane chiaro anche guardando la disoccupazione: tra i laureati è al 3,2%, contro il 5,3% dei diplomati e il 9,1% di chi ha solo la licenza media.

Nord e Sud: divari che si riducono, ma non spariscono

Un altro elemento che emerge è il divario tra Nord e Sud. Nel 2024 la distanza nel tasso di occupazione dei laureati tra le due aree si è ridotta ancora: tra i 25 e i 64 anni la differenza è scesa a 11 punti percentuali (88,3% al Nord contro 77,3% al Sud), rispetto agli 11,9 punti del 2023 e ai 15,7 del 2018. Tra i giovani laureati (30-34 anni) il divario resta più alto – 17,8 punti – ma anche qui si vede una lenta riduzione.

“Il Sud sta recuperando, ma la strada è ancora lunga”, commenta un docente universitario di Napoli. “Le opportunità rimangono concentrate al Nord”. Un dato confermato dalle storie di tanti giovani meridionali che scelgono ancora di trasferirsi per lavorare.

Istruzione e lavoro, il futuro è ancora una sfida

Il quadro che ci offre l’Istat racconta un Paese dove l’istruzione paga ancora in termini di lavoro, ma la crescita dei laureati è troppo lenta per colmare il gap con l’Europa. Le ragioni sono tante: dalla struttura produttiva alle difficoltà di accesso all’università per chi ha meno risorse.

“Serve uno sforzo comune per dare più valore all’istruzione”, dice un rappresentante del Ministero dell’Università. “Solo così si potranno migliorare le prospettive dei giovani e rafforzare la competitività del Paese”. Nel frattempo, chi studia di più continua ad avere più chance. Ma il traguardo europeo resta ancora lontano.