Missione scientifica della nave Laura Bassi: esplorando i misteri dell’Antartide

Missione scientifica della nave Laura Bassi: esplorando i misteri dell'Antartide

Missione scientifica della nave Laura Bassi: esplorando i misteri dell'Antartide

Matteo Rigamonti

Dicembre 5, 2025

Trieste, 5 dicembre 2025 – Partita dall’Italia all’inizio di ottobre, dopo aver attraversato il Canale di Panama e l’immenso Pacifico, la rompighiaccio Laura Bassi – fiore all’occhiello dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – è ormai immersa nella sua lunga missione in Antartide. Quattro mesi di viaggio nel cuore della 41esima spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, con tappe fondamentali tra Nuova Zelanda e la base costiera Mario Zucchelli.

48 giorni di mare per arrivare all’Antartide

Sono passati più di cinquanta giorni da quando la Laura Bassi ha lasciato i porti italiani, con a bordo un equipaggio misto di tecnici e scienziati. Dopo una sosta a Lyttelton, Nuova Zelanda, la nave si è preparata per l’ultimo, più impegnativo tratto: l’avvicinamento alle coste antartiche. Secondo l’OGS – che gestisce la nave – la navigazione è filata liscia, anche se le condizioni meteo dell’ultimo pezzo hanno richiesto prudenza. “Abbiamo dovuto aspettare la finestra giusta per partire da Lyttelton”, ha raccontato il comandante Marco Benvenuti, “ma ora siamo pronti a salpare insieme alla nave coreana Rv Araon e raggiungere la base Mario Zucchelli”.

Due fasi, cinque progetti e una sfida logistica

La missione della Laura Bassi si divide in due parti. La prima, già in corso, durerà 25 giorni e si concentra soprattutto sul sostegno alla base italiana. Qui uno degli obiettivi principali è trasportare le preziose carote di ghiaccio raccolte per il progetto internazionale Ice Memory: cilindri estratti dai ghiacciai che conservano un archivio unico sul clima passato. “Questi campioni sono essenziali per capire come i ghiacci si sono trasformati nel corso dei millenni”, spiega la glaciologa Francesca Rossi, “e vanno maneggiati con la massima attenzione”.

La seconda fase partirà il 30 dicembre. A bordo ci saranno trenta persone impegnate in cinque diversi progetti scientifici. Tra i temi al centro degli studi, lo studio degli osservatori marini attivi dal 1994 e l’analisi di strani rilievi sottomarini: formazioni alte decine di metri, scoperte tra i 400 e i 1.200 metri di profondità, la cui origine resta un mistero. “Cerchiamo di capire se si tratta di strutture geologiche o altro”, racconta il geologo Paolo De Santis.

Clima, sedimenti e la fragile calotta glaciale

Oltre a supportare la base e a studiare il fondale, la spedizione punta a capire i processi che avvengono nei sedimenti antartici, ricostruire il clima e l’ambiente di un tempo e valutare quanto la calotta glaciale sia sensibile ai cambiamenti climatici. “Ogni anno emergono segnali nuovi”, conferma la climatologa Marta Galli, “e solo con dati raccolti sul posto possiamo davvero misurare la fragilità di questo ecosistema”.

Le attività della Laura Bassi si affiancheranno a quelle di altri gruppi internazionali che operano nella zona. La collaborazione con la nave coreana Rv Araon, ad esempio, permetterà di coprire un’area più vasta e mettere a confronto i dati raccolti. “Lavorare insieme è fondamentale”, sottolinea il direttore scientifico dell’OGS, Giovanni Bianchi.

Rientro tra marzo e aprile 2026

La tabella di marcia prevede che la Laura Bassi torni in Nuova Zelanda nei primi giorni di marzo 2026. Solo dopo aver concluso tutte le attività previste, la nave riprenderà la rotta verso l’Italia, con arrivo stimato per la seconda metà di aprile. Nel frattempo, i ricercatori continueranno a lavorare in condizioni estreme: temperature sotto zero, venti forti, e giornate che si alternano tra luce continua e buio totale.

“Qui non è mai facile lavorare”, ha ammesso uno dei tecnici durante un collegamento radio nella notte antartica. Eppure, aggiunge, “ogni missione porta con sé nuove scoperte”. In attesa dei primi risultati ufficiali, previsti per la primavera, la spedizione italiana conferma ancora una volta il suo ruolo di primo piano nella ricerca polare internazionale.