Reti e officine in orbita: la battaglia contro i detriti spaziali

Reti e officine in orbita: la battaglia contro i detriti spaziali

Reti e officine in orbita: la battaglia contro i detriti spaziali

Matteo Rigamonti

Dicembre 5, 2025

Londra, 5 dicembre 2025 – Stazioni spaziali trasformate in officine per riparare satelliti, reti robotiche per recuperare i detriti e sistemi di Intelligenza Artificiale per gestire meglio l’orbita: sono queste le soluzioni messe sul tavolo dallo studio dell’Università del Surrey, pubblicato su Chem Circularity, per contrastare l’inquinamento orbitale che mette a rischio la sicurezza e la sostenibilità delle attività nello spazio. Il professor Jin Xuan, a capo della ricerca, lancia l’allarme: “Con l’aumento delle missioni spaziali, non possiamo permetterci di ripetere gli errori fatti sulla Terra”.

Inquinamento orbitale: un’emergenza che cresce ogni giorno

I dati raccolti dagli esperti parlano chiaro: il numero di satelliti attivi e detriti in orbita cresce senza sosta. Oggi si contano oltre 10.000 oggetti tracciati intorno alla Terra, tra vecchi razzi, pannelli solari e frammenti di satelliti ormai inutili. La maggior parte di questi mezzi, una volta finito il loro lavoro, viene spostata in cosiddette “orbite cimitero” o lasciata a vagare nello spazio. Un pericolo reale per le missioni future e per le infrastrutture già in attività.

Il professor Xuan avverte: “Così com’è, il sistema non regge nel tempo”. Il settore, spinto dalla corsa alle mega-costellazioni e dai piani per Luna e Marte, rischia di peggiorare una situazione già critica. “Serve un cambio radicale”, insiste.

Officine spaziali: riparare e riciclare in orbita

Una delle idee più concrete dello studio è trasformare le stazioni spaziali in vere e proprie officine. Non solo luoghi per astronauti o esperimenti, ma spazi dove riparare satelliti, rifornire navette e persino costruire componenti direttamente in orbita.

Secondo i ricercatori, così si ridurrebbe il numero di lanci dalla Terra. Ogni lancio, infatti, significa perdere tonnellate di materiali preziosi e immettere nell’atmosfera grandi quantità di gas serra e sostanze che danneggiano lo strato di ozono. “Dobbiamo pensare a un ciclo chiuso”, spiega Xuan, “dalla progettazione al riuso”.

Reti e robot per ripulire lo spazio

Il problema della spazzatura spaziale è ormai al centro del dibattito mondiale. Secondo l’Università del Surrey, sistemi come reti automatiche e bracci robotici potrebbero catturare i detriti più pericolosi. Alcuni prototipi sono già in prova con l’ESA e la NASA.

Recuperare questi materiali non solo aumenterebbe la sicurezza delle missioni, ma permetterebbe anche di riciclare metalli e parti ancora utili. Gli studiosi sottolineano che serve investire in modo mirato e lavorare insieme — agenzie spaziali, aziende private e governi.

L’IA che aiuta a progettare meglio

Un altro punto importante riguarda l’uso dell’Intelligenza Artificiale per progettare i veicoli spaziali. L’IA può ridurre gli sprechi, farne un uso più intelligente e limitare test costosi, sia in termini di soldi che di impatto ambientale. “L’IA può indirizzare le scelte verso soluzioni più efficienti”, dice Xuan.

In più, algoritmi sofisticati potrebbero monitorare in tempo reale lo stato dei satelliti e prevedere guasti, permettendo interventi rapidi direttamente in orbita. Un passo avanti per una gestione più responsabile dello spazio.

Un futuro circolare per lo spazio

Il messaggio degli scienziati del Surrey è netto: solo un approccio che guarda all’intero ciclo di vita dei veicoli spaziali potrà salvare le attività oltre l’atmosfera. “Non possiamo trasformare l’orbita in una discarica”, avverte Xuan.

Le soluzioni proposte aprono la strada a una vera economia circolare dello spazio, dove niente si butta e ogni pezzo trova una nuova vita. Una sfida che coinvolge scienziati, ingegneri e decisori politici. E che potrebbe cambiare per sempre il modo in cui guardiamo al cielo.