Bologna, 6 dicembre 2025 – “Playing God”, un cortometraggio animato italiano firmato dal bolognese Matteo Burani, è in corsa per gli Oscar 2026. Realizzato in stop-motion, il corto prende ispirazione sia dall’arte rinascimentale di Niccolò dell’Arca sia dalle produzioni dello studio Laika, con sede in Oregon. Dopo aver conquistato giurie in festival internazionali, ora punta dritto alla shortlist dell’Academy. Sette minuti di body horror in argilla, nati da un lavoro artigianale durato sette anni, sotto i portici di Bologna.
Da Bologna al mondo: la lunga marcia di “Playing God”
Matteo Burani, nato nel 1991, racconta di aver trovato l’idea guardando il “Compianto sul Cristo morto” di Niccolò dell’Arca, nella chiesa di Santa Maria della Vita, proprio nel cuore di Bologna. “È una delle sculture che amo di più”, dice il regista, che cita anche classici della stop-motion come “Wallace e Gromit” e “Nightmare Before Christmas”. Al suo fianco, in questo viaggio durato anni, ci sono Arianna Gheller e Rodolfo Masedari, amici dai tempi del liceo artistico.
Il progetto è partito con una raccolta fondi online, poi sono arrivati i finanziamenti dalla Regione Emilia-Romagna e dal Ministero della Cultura. “È stata un’odissea, ma ci ha fatto crescere come artisti e produttori”, spiega Burani. Il laboratorio, piccolo e attrezzato, si trova proprio sotto i portici bolognesi: lì sono stati creati oltre sessanta pupazzi in terracotta, alti 58 centimetri, con articolazioni a sfera.
Sette minuti di horror in argilla viva
“Playing God” racconta la storia di uno scultore tormentato che cerca di creare una figura umana perfetta. Quando capisce di aver fallito, abbandona la sua creazione. La statua, però, nel disperato tentativo di raggiungere il suo creatore, si autodistrugge e trova conforto tra le altre opere scartate. Gli occhi lucidi e i corpi deformi delle statuette – tutte modellate a mano da Arianna Gheller, cofondatrice dello Studio Croma insieme a Burani – danno vita a una storia che parla della fragilità di chi crea e di ciò che viene creato.
“La chiave è il rapporto tra queste creature”, spiega Burani. “Quando anche l’ultima statuetta viene rifiutata perché imperfetta, cade, perde letteralmente la faccia. E sono le altre a raccoglierla, ad accoglierla e a capirla”.
Premi internazionali e la corsa agli Oscar
Prima di arrivare a Hollywood, il corto ha già incassato premi importanti: ha vinto al Tribeca Film Festival e all’Animayo Festival delle Canarie. Questi riconoscimenti lo hanno qualificato per la corsa alla statuetta. Ora “Playing God” è uno dei 113 cortometraggi valutati dai membri dell’Academy. L’8 dicembre inizieranno le votazioni per scegliere i 15 titoli che passeranno al turno successivo. Il 16 dicembre sarà annunciata la shortlist, mentre il 22 gennaio rimarranno solo cinque finalisti.
Il produttore Rodolfo Masedari è volato a Los Angeles per presentare il film nei luoghi simbolo dell’animazione mondiale. “Gli addetti dell’Academy lavorano proprio negli studi della città”, racconta Masedari. “Ho varcato le porte di Pixar a San Francisco, Netflix, Disney, Sony, DreamWorks e Warner… Sono come templi. Entrarci non da turista, ma per mostrare il mio film, è già una vittoria”.
Incontri con i grandi e reazioni dal cinema
Il momento più emozionante? Masedari non ha dubbi: “I complimenti di Guillermo Del Toro. Ci ha detto di essersi molto commosso”. E poi l’incontro con John Musker alla Disney: “Per me è una leggenda, autore di ‘La Sirenetta’, ‘Oceania’, ‘Hercules’… È rimasto sorpreso: ‘Come avete fatto tutto da soli?’, mi ha chiesto. Sai, lo stop-motion è caro, lento, difficilissimo”.
“Playing God” è una sfida vinta contro mille difficoltà e un omaggio all’imperfezione, sottolinea Burani. “Mi affascina la materia che resiste alla forma che vogliamo darle”. Ora il destino del corto è nelle mani dei giurati dell’Academy. L’attesa per la shortlist si sente forte, sia sotto i portici di Bologna sia nei corridoi degli studi americani.
