Roma, 6 dicembre 2025 – Sono passati cinquant’anni dalla prima volta che “Amici miei” è arrivato sul grande schermo, ma il film continua a far parlare di sé. Ieri sera, nei corridoi della Camera dei Deputati, è andato in scena un omaggio sentito a Ugo Tognazzi e alla sua celebre “supercazzola”. Quel termine, ormai entrato nel linguaggio di tutti i giorni e persino nel dizionario Treccani, resta un mistero per molti, come ha spiegato il figlio Gianmarco: “In tanti la usano senza sapere davvero da dove viene”.
La supercazzola che ha fatto la storia di Tognazzi
Nell’aula dei gruppi parlamentari, piena di volti noti e amici di lunga data, si è respirata la memoria di Ugo Tognazzi e di un film che ha lasciato il segno nella commedia italiana. In prima fila c’erano i figli, Gianmarco e Ricky, visibilmente commossi. “Forse ‘Amici miei’ andrebbe trasmesso in tv più spesso”, ha detto Gianmarco, quasi a ricordarci che il tempo non ha scalfito la forza di quella pellicola.
Il presidente della commissione Cultura, Federico Mollicone, ha aperto la serata definendo Tognazzi “un vero pilastro del nostro cinema”. Il critico Enrico Magrelli ha guidato gli interventi, alternando ricordi personali e aneddoti dal set. “Dietro la maschera divertente, c’è una malinconia che rende il film profondamente esistenziale”, ha osservato Magrelli, citando la scena in cui il conte Mascetti – interpretato da Tognazzi – confonde il vigile Paolini con la sua supercazzola.
Mezzo secolo di eredità
“Amici miei” uscì nelle sale nel 1975, diretto da Mario Monicelli dopo la morte di Pietro Germi, che era stato il primo a voler realizzare il progetto. La sceneggiatura, firmata da Benvenuti, Pinelli e De Bernardi, era stata scritta proprio per Germi. Solo dopo la sua scomparsa Monicelli decise di portare avanti il lavoro. “Marco ha ritrovato la sceneggiatura originale: sono ben 400 pagine”, ha raccontato Ricky Tognazzi durante la serata.
Nel cast, oltre a Tognazzi, c’erano Duilio Del Prete, Gastone Moschin, Philippe Noiret e Adolfo Celi. Un gruppo di amici cinquantenni nella Firenze degli anni Settanta, tra scherzi e malinconie. “La comicità di Ugo e dei suoi amici non era solo carisma, aveva qualcosa di più profondo”, ha riflettuto Gianmarco.
Ricordi dal set e non solo
Non sono mancati momenti di ricordo più personali. Liana Orfei, attrice e circense, ha detto: “Venivo dal circo, è stato il mio primo film con Tognazzi. Mi ha insegnato tanto, gli sono grata”. Barbara Bouchet ha parlato delle riprese de “L’Anatra all’arancia”, mentre Saverio Vallone e Marco Risi hanno raccontato di un’epoca irripetibile per il cinema italiano.
Michele Placido ha ricordato il suo incontro con Tognazzi sul set di “Romanzo popolare”, uscito un anno prima di “Amici miei”. “Mi ha aiutato molto, anche nel rapporto con Monicelli”, ha detto Placido. Poi un aneddoto più intimo: le estati al Villaggio Tognazzi a Torvajanica, tra partite a tennis e tavolate affollate. “Ci venivano tutti: da Pavarotti a Gassman. Quando ero solo un giovane attore, appena uscito dall’Accademia, trovavo lì una grande famiglia”, ha raccontato.
Un film che non invecchia
A cinquant’anni dall’uscita, “Amici miei” è ancora citato e amato. La supercazzola è diventata il simbolo di un modo tutto italiano di giocare con le parole e con la vita. Ma, come ha ricordato Gianmarco Tognazzi, non tutti ne conoscono davvero il significato o la storia.
L’omaggio in Parlamento, fatto di applausi sinceri e qualche risata nostalgica, ha confermato quanto sia vivo il ricordo di Ugo Tognazzi e della sua arte. Un attore capace di attraversare generazioni diverse, lasciando un segno profondo nella cultura popolare italiana. E forse, come ha suggerito Gianmarco, sarebbe il caso di rivedere “Amici miei” più spesso in tv. Solo così si capirebbe davvero cosa vuol dire una supercazzola ben fatta.
