Applausi scroscianti per Segre alla Scala, prima dell’Inno di Mameli

Applausi scroscianti per Segre alla Scala, prima dell'Inno di Mameli

Applausi scroscianti per Segre alla Scala, prima dell'Inno di Mameli

Matteo Rigamonti

Dicembre 7, 2025

Milano, 7 dicembre 2025 – Un lungo applauso ha accolto la senatrice a vita Liliana Segre al suo arrivo sul palco centrale della Scala, questa sera, per l’apertura della stagione lirica con “Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk”. Un attimo di silenzio e rispetto, quasi un rito laico, ha segnato l’inizio della serata più attesa dell’anno in città. Poco prima delle 18, il pubblico in abito scuro si è alzato in piedi, gli occhi fissi su di lei mentre prendeva posto.

Chailly saluta la Scala con un omaggio intenso

Sul podio, Riccardo Chailly – per il dodicesimo e ultimo 7 dicembre da direttore musicale del teatro – ha ricevuto un tributo caloroso. L’orchestra ha suonato l’Inno di Mameli, accompagnato da un pubblico che, quasi in un sussurro collettivo, ha cantato sottovoce. “È un’emozione che si rinnova ogni anno”, ha raccontato una spettatrice che frequenta la Scala da oltre vent’anni. Chailly, visibilmente commosso, ha guidato l’orchestra con gesti fermi ma misurati, consapevole del valore simbolico di questa serata.

Volti noti delle istituzioni nel cuore della Scala

Accanto a Liliana Segre, nel palco centrale, si sono sedute alcune delle figure più importanti del Paese. Alla sua destra il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, alla sinistra il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Dietro di loro, in un ordine che racconta molto della politica italiana, il governatore lombardo Attilio Fontana, il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio e la vicepresidente della Camera Anna Ascani. Presenti anche il ministro della Cultura Alessandro Giuli e la sottosegretaria di Stato Usa Sara Rogers. Un mosaico di ruoli e responsabilità che, almeno per una sera, si è riunito attorno alla musica e al suo potere di unire.

Memoria e tradizione nel pubblico della Scala

La presenza di Liliana Segre – sopravvissuta alla Shoah e testimone instancabile della memoria – ha dato un peso speciale alla serata. “È un onore vederla qui”, ha detto sottovoce una signora seduta vicino al palco reale. L’applauso che ha accolto la senatrice non è stato un semplice gesto di cortesia istituzionale: molti spettatori hanno voluto mostrare gratitudine a chi, come lei, ricorda con forza l’importanza dei valori civili, anche in uno dei luoghi simbolo della cultura italiana.

La Scala saluta Chailly con un’opera che parla di libertà

Questa apertura segna anche la fine di un’epoca per il teatro milanese. Riccardo Chailly, alla guida musicale della Scala dal 2015, ha scelto di congedarsi proprio con l’opera di Šostakovič. “Un titolo impegnativo, che parla di libertà e oppressione”, aveva spiegato qualche giorno fa ai giornalisti. La scelta non è casuale: la storia di Katerina Izmailova, protagonista dell’opera, è un monito contro ogni forma di sopraffazione. Il pubblico milanese, abituato a stagioni ricche di debutti e grandi ritorni, ha capito subito il valore di questo evento.

Attesa e rispetto: l’atmosfera in sala

L’atmosfera era carica di attesa, ma anche di rispetto. Pochi minuti prima dell’inizio, nei foyer si parlava delle novità della stagione e della presenza delle autorità. “La Scala resta un punto fermo per Milano”, ha detto un giovane musicista all’ingresso. “Ma questa sera c’è qualcosa di più: la memoria, la storia personale di Segre, la fine di un’era con Chailly”.

Un momento che unisce passato e futuro

In una città che cambia rapidamente, la serata del 7 dicembre alla Scala resta un appuntamento che mette insieme passato e presente. La presenza di Liliana Segre, nel palco centrale tra le istituzioni e sotto gli occhi del pubblico attento, ha dato alla serata un tono raccolto ma anche pieno di speranza. Solo quando le luci si sono abbassate e l’orchestra ha iniziato le prime note, si è capito davvero il senso profondo di questa apertura: la cultura come spazio condiviso, dove memoria e futuro possono ancora parlarsi.