Gaza, 7 dicembre 2025 – Hamas è pronta a consegnare le armi nella Striscia di Gaza all’Autorità palestinese, ma a una sola condizione: la fine dell’occupazione israeliana. A dirlo è stato oggi Khalil al-Hayya, il capo negoziatore del movimento e volto di spicco della leadership di Gaza, in una nota diffusa nelle prime ore del mattino. “Le nostre armi sono legate all’esistenza dell’occupazione e dell’aggressione”, ha detto al-Hayya, lasciando intendere che il disarmo può arrivare solo con un cambiamento radicale sul terreno.
Hamas apre al disarmo, ma solo se finisce l’occupazione
Secondo quanto riportato dall’ufficio di al-Hayya all’agenzia Afp, la disponibilità a consegnare le armi riguarda un futuro in cui ci sia uno Stato palestinese sovrano e indipendente. “Se l’occupazione finirà, queste armi passeranno sotto l’autorità dello Stato”, ha ribadito il negoziatore, sottolineando che il disarmo non può essere separato dal riconoscimento di una piena sovranità palestinese su Gaza e, implicitamente, anche su altri territori rivendicati.
La dichiarazione arriva in un momento di tensione crescente nella regione. Da settimane, i negoziati per una tregua stabile tra Israele e Hamas sembrano bloccati. Le operazioni militari israeliane continuano a intermittenza, mentre la popolazione civile di Gaza paga un prezzo altissimo. In questo quadro, l’apertura di Hamas viene letta come un segnale rivolto sia alla comunità internazionale sia alle fazioni palestinesi rivali.
Onu in campo, ma senza disarmo diretto
Al-Hayya ha anche parlato della presenza internazionale nella Striscia. “Accettiamo il dispiegamento delle forze Onu per monitorare i confini e garantire il rispetto del cessate il fuoco a Gaza”, ha spiegato il leader di Hamas. Una posizione chiara: sì a una missione di osservatori delle Nazioni Unite, no invece a una forza internazionale che si occupi direttamente di disarmare le milizie palestinesi.
Fonti diplomatiche locali sottolineano che questa proposta è una novità rispetto agli ultimi mesi. Fino a oggi, Hamas aveva sempre respinto l’idea di un disarmo sotto supervisione esterna. Ora invece apre a un controllo internazionale limitato, purché sia legato a un processo politico che porti al riconoscimento di uno Stato palestinese.
Reazioni: Israele resta scettico, la comunità internazionale osserva
Per ora, da Israele non sono arrivate risposte ufficiali alle parole di al-Hayya. Fonti vicine al governo di Tel Aviv però definiscono la posizione di Hamas “strumentale” e insufficiente a garantire la sicurezza dello Stato ebraico. Il premier Benjamin Netanyahu ha ribadito più volte che ogni soluzione per Gaza dovrà prevedere lo smantellamento totale delle capacità militari di Hamas.
A livello internazionale, la proposta è stata accolta con prudenza. Un diplomatico europeo a Gerusalemme ha spiegato che “ogni apertura va valutata con attenzione”, ma ha anche ricordato che “senza un accordo politico chiaro, è difficile pensare a passi concreti verso il disarmo”. Le Nazioni Unite, dal canto loro, hanno più volte chiesto alle parti di trovare un’intesa per proteggere i civili e avviare la ricostruzione della Striscia.
Gaza tra guerra e diplomazia: il difficile equilibrio
La situazione nella Striscia di Gaza resta fragile. Secondo le organizzazioni umanitarie, oltre 2 milioni di persone vivono in condizioni difficili, con accesso limitato a cibo, acqua e cure mediche. Le infrastrutture sono state pesantemente danneggiate dai bombardamenti e dalle operazioni militari degli ultimi mesi.
In questo scenario, il disarmo di Hamas si intreccia con la ricostruzione e il futuro governo del territorio. L’Autorità palestinese, guidata da Mahmoud Abbas e con sede a Ramallah, ha più volte chiesto di tornare a governare Gaza, ma senza il sostegno delle principali fazioni armate, la transizione resta complicata.
Solo quando le condizioni politiche lo permetteranno, si potrà davvero parlare di consegna delle armi e di una nuova fase per Gaza. Per ora, le dichiarazioni rimangono sospese in un delicato equilibrio tra guerra e diplomazia.
