Sydney, 7 dicembre 2025 – Nei giorni scorsi, nel deserto australiano, è stata messa alla prova una tuta spaziale dotata di muscoli artificiali, pensata per le future missioni su Marte. Il test si è svolto nel centro di ricerca Crater, vicino a Coober Pedy, in South Australia. Dietro questo progetto c’è Emanuele Pulvirenti, ingegnere italiano di Napoli, oggi ricercatore all’Università di Bristol nel Regno Unito. L’obiettivo è chiaro: rendere più facili i movimenti degli astronauti durante le attività fuori dalla navicella, superando i limiti delle tute pressurizzate attuali.
Un angolo di Marte nel cuore dell’Australia
Il centro Crater è considerato uno dei migliori posti al mondo per simulare l’ambiente marziano. Tra rocce rosse e polvere fine, il team di Pulvirenti ha testato la tuta in condizioni molto dure. “Abbiamo ricreato temperature e pressioni molto simili a quelle di Marte”, ha spiegato il ricercatore. I test si sono svolti tra il 28 novembre e il 2 dicembre e hanno coinvolto anche astronauti in addestramento.
Il problema della mobilità nelle tute spaziali
Chi ha provato a indossare una tuta spaziale sa bene quanto sia faticoso muoversi. Le tute di oggi sono come gusci protettivi: isolano il corpo dall’esterno e tengono in vita gli astronauti, ma restringono i movimenti. “Ogni gesto diventa pesante”, racconta Pulvirenti. Da anni le agenzie spaziali cercano di risolvere questo problema. La NASA ha provato con la tuta “Iron Man”, la DARPA ha puntato sugli esoscheletri, ma finora i risultati sono stati limitati.
Muscoli artificiali e un tocco di sartoria napoletana
La vera novità della tuta ideata dal gruppo britannico sta nell’uso di muscoli artificiali tra due strati: uno esterno in nylon e uno interno fatto di materiale termoplastico che si gonfia in modo ermetico. Nei punti più sollecitati, come le ginocchia, sono stati inseriti rinforzi in kevlar. “Mia nonna era sarta a Napoli”, confida Pulvirenti con un sorriso. “Mi ha dato consigli preziosi su tessuti e cuciture”. Un dettaglio che dimostra come tradizione e tecnologia possano andare a braccetto anche nello spazio.
Guardando oltre: le prossime sfide dell’esplorazione
I primi test in Australia hanno mostrato che la tuta permette una maggiore libertà di movimento e riduce la fatica muscolare. “Speriamo che questa tecnologia apra la strada a sistemi robotici indossabili sempre più efficaci”, dice Pulvirenti. Il passo successivo sarà portare la tuta sulla Stazione Spaziale Internazionale per nuovi test. Il tempo è poco: la ISS dovrebbe essere dismessa entro il 2030, quindi la finestra per provare la tuta in orbita è stretta.
Collaborazioni internazionali per il futuro
Nel progetto sono coinvolti anche partner dell’Agenzia Spaziale Europea e della NASA, interessati a usare i muscoli artificiali non solo per Marte, ma anche per missioni sulla Luna o sugli asteroidi. “Stiamo già lavorando a una versione più leggera”, anticipa Pulvirenti. L’idea è che un giorno questa tecnologia possa servire anche sulla Terra, per la riabilitazione o l’assistenza agli anziani.
L’Italia che fa strada nello spazio
La storia di Emanuele Pulvirenti, dagli studi a Napoli ai laboratori britannici, è un esempio di eccellenza italiana all’estero. “Non dimentico le mie radici”, dice il ricercatore. “Porto un pezzo di Napoli anche su Marte”. Un legame che passa dalla scienza ma anche dai piccoli gesti e dai saperi di famiglia.
Mentre si aspettano i prossimi test sulla ISS, la tuta con muscoli artificiali resta sotto gli occhi attenti della comunità scientifica mondiale. Un passo in avanti, forse, verso le prime passeggiate umane sul suolo marziano.
