Macron minaccia dazi alla Cina per ridurre il deficit con l’Ue

Macron minaccia dazi alla Cina per ridurre il deficit con l'Ue

Macron minaccia dazi alla Cina per ridurre il deficit con l'Ue

Matteo Rigamonti

Dicembre 7, 2025

Parigi, 7 dicembre 2025 – Emmanuel Macron ha lanciato un messaggio chiaro e diretto a Pechino: se la Cina non agirà per riequilibrare il crescente deficit commerciale con l’Unione Europea, la Francia – e con lei l’Europa – potrebbe mettere in campo dazi già nei prossimi mesi. Il presidente francese, tornato da una missione ufficiale in Asia, ha così alzato il tono, segnando un nuovo punto di tensione tra Bruxelles e il colosso asiatico.

Macron avverte: “Pronti a misure forti contro la Cina”

“Ho detto loro chiaramente che se non cambiano rotta, noi europei dovremo prendere provvedimenti forti nei prossimi mesi”, ha spiegato Macron in un’intervista a Les Echos. Negli ultimi giorni, il presidente francese ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping e altri vertici del Partito Comunista a Pechino, rimarcando come il saldo commerciale tra Europa e Cina sia diventato “insostenibile”. I dati della Commissione europea parlano chiaro: nel 2024 il deficit commerciale dell’UE verso la Cina ha superato i 400 miliardi di euro, un dato che preoccupa fortemente Parigi e Berlino.

Il nodo del deficit commerciale

Il problema del deficit commerciale non è una novità nei rapporti tra Bruxelles e Pechino. Da anni, le imprese europee denunciano una concorrenza “sleale” in settori chiave come l’automotive, l’acciaio e le tecnologie verdi. Nel primo semestre del 2025, secondo Eurostat, le importazioni dalla Cina sono aumentate del 9%, mentre le esportazioni europee verso la Cina sono rimaste praticamente ferme. “Non possiamo più tollerare questa disparità”, ha detto un funzionario dell’Eliseo, sottolineando quanto la questione sia ormai al centro dell’agenda europea.

Pressioni interne e sostegno europeo

La posizione di Macron arriva in un momento delicato anche sul fronte interno. In Francia, sindacati e associazioni di categoria spingono il governo a tutelare le industrie nazionali dalla concorrenza cinese. “Non si tratta di protezionismo, ma di giustizia”, ha ribadito il ministro dell’Economia Bruno Le Maire, che pochi giorni fa ha incontrato i rappresentanti delle imprese manifatturiere a Lione. Anche in Germania si alza la voce: la cancelliera Annalena Baerbock ha sottolineato che “l’Europa deve parlare con una sola voce” sui rapporti commerciali con la Cina.

La risposta di Pechino e le possibili conseguenze

Pechino non ha tardato a reagire. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, durante il briefing quotidiano, ha definito “infondate” le accuse dell’Europa e ha chiesto a Bruxelles di “evitare azioni unilaterali”. Secondo fonti diplomatiche, la Cina teme che l’introduzione di dazi europei possa scatenare una spirale di ritorsioni, con effetti negativi su settori strategici come l’automotive elettrico e l’elettronica di consumo.

Le mosse in arrivo dell’Unione Europea

A Bruxelles si lavora da settimane sulle possibili contromisure. La Commissione europea, guidata da Ursula von der Leyen, ha avviato una consultazione tra gli Stati membri per capire l’impatto di eventuali dazi su prodotti cinesi accusati di “dumping”. Una decisione ufficiale potrebbe arrivare entro la primavera del 2026. “Non vogliamo una guerra commerciale”, ha detto un portavoce della Commissione, “ma serve un riequilibrio”.

Tra diplomazia e interessi, un equilibrio fragile

La partita resta aperta. Da una parte c’è l’Europa che vuole difendere le proprie industrie e i posti di lavoro; dall’altra, la paura delle conseguenze su una catena del valore ormai molto intrecciata con la Cina. Nel settore automobilistico, ad esempio, secondo l’associazione europea ACEA, oltre il 30% dei componenti arriva da fornitori cinesi. “Serve pragmatismo”, ha ammesso un diplomatico francese a Bruxelles. Eppure, negli ambienti europei si avverte che il tempo per le mediazioni sta per finire.

In questo clima teso, la prossima mossa spetta a Pechino. Ma anche all’Europa, chiamata a trovare una linea comune tra interessi nazionali spesso contrastanti.