Torino, 7 dicembre 2025 – Sono partite in questi giorni, tra Porto Alegre e Torino, le riprese di “Ritorno a Buenos Aires”, il nuovo film di Marco Bechis. Il regista, già noto per titoli come “Alambrado”, “Hijos – Figli”, “La terra degli uomini rossi” e “Garage Olimpo”, torna a raccontare la memoria ferita dell’Argentina. Ancora una volta sceglie il cinema per scavare nelle cicatrici lasciate dalla dittatura militare.
A vestire i panni del protagonista è Adriano Giannini, affiancato da un cast argentino di primo piano: Ana Celentano, Vero Gerez, Olivia Nuss, Adrián Fondari e Marcelo Chaparro, insieme all’attrice brasiliana Paula Cohen.
Un viaggio tra memoria e giustizia
Al centro della storia c’è Mariano Guerra, un uomo costretto a tornare in Argentina per testimoniare nel processo contro i militari che lo sequestrarono e torturarono durante gli anni più bui della dittatura. Bechis ci tiene a precisare che non si tratta del ritorno di un eroe in cerca di riscatto. È invece il percorso intimo di chi porta dentro una zona d’ombra difficile da illuminare. Mariano, piegato dalla tortura, finì per parlare e denunciare i suoi compagni.
“Non è la storia di chi vince – ha raccontato il regista – ma di chi sopravvive e deve fare i conti con ciò che resta”.
Una coproduzione internazionale
Il film nasce da una coproduzione tra Italia e Brasile. Per l’Italia sono coinvolte Fandango (con Domenico Procacci e Laura Paolucci), 39Films (Alfredo Federico e Simona Banchi), Karta Film (Marco Bechis) e Rai Cinema. Dal lato brasiliano, la produzione è affidata a 34 Filmes (Patrick de Jongh, Cibele Amaral e André Ristum). Le riprese si muovono tra Sud America e Italia, grazie anche al supporto della Film Commission Torino Piemonte.
La fotografia è firmata da Fabrizio La Palombara, mentre il montaggio è curato da Jacopo Quadri.
La violenza che non si vede
Come già in “Garage Olimpo”, anche qui la violenza resta fuori dall’inquadratura. Bechis preferisce soffermarsi sulla sua meccanica, su come si incide nel corpo e nella mente di chi sopravvive.
“Non mi interessa mostrare la brutalità – ha spiegato – ma raccontare come si insinua nella vita delle persone, come cambia lo sguardo e il modo di stare al mondo”.
Il film si muove tra passato e presente, tra ricordi che riaffiorano e la necessità di fare i conti con ciò che è stato.
Un anniversario che pesa ancora
La realizzazione di “Ritorno a Buenos Aires” si concluderà nel primo trimestre del 2026, in vista del cinquantesimo anniversario dell’inizio della dittatura militare argentina (marzo 1976). Una data che pesa ancora nella memoria collettiva del Paese sudamericano.
Quegli anni, mentre l’Argentina ospitava i Mondiali di calcio del 1978, videro una repressione clandestina che colpì migliaia di persone. Il film di Bechis si inserisce in questo contesto, cercando di dare voce a chi ha vissuto sulla propria pelle la violenza del regime.
Un set tra Italia e Brasile
Le prime scene sono state girate a Porto Alegre, che per alcuni giorni ha ospitato troupe e attori. Nei prossimi giorni il set si sposterà a Torino, dove alcune location sono state scelte per ricostruire ambienti legati all’esilio e alla memoria degli anni Settanta.
Le riprese continueranno fino a febbraio 2026. “È un lavoro complesso – ha ammesso uno dei produttori italiani – ma sentiamo la responsabilità di raccontare una storia che riguarda tutti”.
Attesa e aspettative
La distribuzione del film è prevista per la seconda metà del 2026. L’attesa è alta sia in Italia che in Sud America, dove il tema della memoria storica continua a scatenare dibattiti.
“Non vogliamo dare risposte – ha concluso Bechis – ma porre domande su cosa significhi davvero sopravvivere”. Un racconto che promette di lasciare il segno, nella migliore tradizione del cinema civile italiano.
