Rimini, 8 dicembre 2025 – “Il cinema è politico, perché riflette una visione del mondo”. Così, a margine della cerimonia del Premio Fellini a Rimini, il regista messicano Alfonso Cuarón ha riassunto il suo pensiero sul legame tra arte e società. Premiato con l’Oscar per “Roma” e “Gravity”, Cuarón ha evitato di entrare nelle polemiche internazionali, preferendo parlare dell’eredità di Federico Fellini e del senso profondo del fare cinema oggi.
Alfonso Cuarón premiato a Rimini: un omaggio a Fellini
Ieri sera, nella sala piena del Teatro Galli, Cuarón ha ricevuto il riconoscimento dedicato al maestro riminese. Un premio che, come ha spiegato la presidente della Fondazione Fellini, Francesca Fabbri Fellini, “celebra chi nel mondo porta avanti la lezione di libertà e immaginazione che Fellini ci ha lasciato”. Il regista messicano, visibilmente emozionato, ha risposto alle domande dei giornalisti in un italiano fluente, alternando ricordi personali e riflessioni sul mestiere.
“Stare nel luogo dove Fellini è nato e che ha segnato tutta la sua arte è un’emozione vera”, ha confessato Cuarón. Poco dopo le 19, davanti a una platea fatta di studenti di cinema, addetti ai lavori e appassionati, ha raccontato il primo incontro con i film del maestro italiano. “Il cinema di Fellini sembra diverso, ma in realtà tutto è collegato”, ha detto. “Non è solo un’ispirazione formale o creativa. È l’idea che l’impossibile può diventare possibile”.
Cinema e politica? “Solo chiacchiere e retorica”
Quando gli è stato chiesto quale ruolo abbia il cinema oggi, con riferimenti espliciti a figure come Donald Trump, Cuarón ha scelto di non approfondire. “Sono tutte chiacchiere e retorica, e non le sopporto. È chiaro da sé”, ha tagliato corto, mostrando una certa stanchezza verso le semplificazioni mediatiche. Nessuna parola sulle tensioni geopolitiche o sulle derive populiste in Europa e Stati Uniti. Solo un cenno, quasi rassegnato, alla necessità di superare le parole vuote.
Il regista ha invece voluto sottolineare che ogni film è inevitabilmente politico, perché racconta una visione del mondo. “Ogni film di Fellini ci mostra una nuova possibilità, un mondo che finisce ma dove la vita continua”, ha aggiunto. Il cinema non può evitare il confronto con la realtà, anche quando sceglie la fantasia o l’allegoria.
Fellini tra ricordo e futuro
La cerimonia, iniziata poco dopo le 18 con un omaggio musicale alle colonne sonore di Fellini, ha visto diversi interventi che hanno ricordato l’impatto del regista di “La dolce vita” sul cinema mondiale. Tra gli ospiti anche il critico Gianfranco Angelucci, che ha messo in luce “la forza di Fellini nel raccontare l’Italia senza perdere l’universalità”.
Cuarón ha raccontato di aver rivisto più volte “8½” mentre preparava i suoi ultimi film. “Solo così ho capito quanto sia difficile essere sinceri davanti alla macchina da presa”, ha ammesso. Ma proprio da questa difficoltà, secondo lui, nasce la possibilità di immaginare nuovi mondi.
Un confronto con i giovani
La serata si è chiusa con un breve scambio tra Cuarón e alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti di Rimini. Domande semplici: cosa vuol dire oggi essere autori? Come si trova una voce personale in un mondo globale? “Non c’è una formula”, ha risposto il regista. “Bisogna solo continuare a cercare”.
Fuori dal teatro, poco dopo le 21, alcuni ragazzi commentavano le parole di Cuarón. “Ha ragione quando dice che il cinema deve rischiare”, ha detto Marco, 23 anni, studente. “Altrimenti resta solo retorica”. Un pensiero che chiude il cerchio: tra passato e futuro, tra ricordo e possibilità, per una sera il cinema torna a essere un luogo di domande, non di risposte.
