New York, 8 dicembre 2025 – L’Onu lancia un appello urgente alla comunità internazionale. Siamo entrati in quella che definisce “un’epoca di brutalità, impunità e indifferenza”. Oggi, durante una conferenza stampa a Manhattan, il capo delle operazioni umanitarie, Tom Fletcher, ha presentato il nuovo piano di aiuti per il 2026. Una cifra più bassa rispetto agli anni scorsi, necessaria per far fronte al crollo dei finanziamenti. L’obiettivo? Raccogliere almeno 23 miliardi di dollari per aiutare 87 milioni di persone in alcune delle zone più devastate del mondo: Gaza, Sudan, Haiti, Myanmar e Ucraina.
Fondi in calo, bisogni che crescono: l’Onu suona l’allarme
La situazione è chiara e preoccupante. “I finanziamenti umanitari stanno precipitando”, ha detto Fletcher con voce ferma, ma si leggeva la preoccupazione sul suo volto. Il piano di quest’anno è molto più piccolo rispetto al passato: nel 2023 si chiedevano oltre 50 miliardi di dollari, ora quasi la metà. Eppure, chi ha bisogno di aiuto non diminuisce affatto. “Dobbiamo fare scelte difficili”, ha ammesso Fletcher davanti ai giornalisti, “perché i soldi non bastano più”.
I dati dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) parlano chiaro: nel 2025 sono stati raccolti solo 16 miliardi di dollari, molto meno di quanto necessario. Così rischiamo di lasciare milioni di persone senza aiuti concreti. “Non possiamo chiudere gli occhi davanti a chi vive sotto le bombe, senza cibo e cure”, ha aggiunto Fletcher.
Crisi dimenticate e indifferenza mondiale
La parola “apatia” è tornata più volte nella sala stampa dell’Onu. Fletcher ha puntato il dito contro la “stanchezza” della comunità internazionale e la crescente indifferenza verso queste emergenze. “Ci stiamo abituando al dolore degli altri”, ha detto, parlando soprattutto di Gaza e Sudan, dove i conflitti hanno spinto milioni di persone a fuggire e hanno scatenato una crisi alimentare senza precedenti.
Ad Haiti, la violenza delle bande armate e il crollo delle istituzioni rendono quasi impossibile portare aiuti. In Myanmar, la repressione militare costringe migliaia di persone a scappare. In Ucraina, una guerra che va avanti da anni ha lasciato intere aree senza servizi essenziali. “Dietro ogni numero ci sono vite vere che rischiano di essere dimenticate”, ha sottolineato Fletcher.
Priorità: dove serve aiuto subito
Il piano Onu punta su cinque zone calde. A Gaza, dove oltre l’80% della popolazione vive grazie agli aiuti internazionali secondo l’ultimo rapporto dell’UNRWA, la situazione resta disperata dopo mesi di bombardamenti e blocchi ai valichi. In Sudan, si contano almeno 7 milioni di sfollati interni e una carestia che minaccia vaste aree.
Ad Haiti la crisi sanitaria peggiora con il sistema ospedaliero al collasso. In Myanmar, la giunta militare blocca l’accesso agli aiuti nelle zone più colpite. E in Ucraina, secondo l’OCHA, più di 14 milioni di persone hanno ancora bisogno di assistenza regolare.
Un appello che non ammette ritardi
“Non possiamo permetterci di restare indifferenti”, ha concluso Fletcher, rivolgendosi ai governi e agli enti finanziari. L’Onu avverte del rischio di una “normalizzazione” della sofferenza: emergenze che diventano routine e risposte sempre più deboli.
Nel pomeriggio, davanti alla sede Onu sulla First Avenue, alcune ong hanno mostrato preoccupazione per i tagli ai fondi. “Se non arrivano soldi freschi – ha detto un volontario della Croce Rossa internazionale – dovremo sospendere molti programmi che salvano vite”.
La speranza è che l’appello delle Nazioni Unite non venga ignorato. Ma tra crisi geopolitiche e priorità nazionali, il rischio che chi soffre di più resti senza voce è alto. E il tempo per agire – come ha ricordato Fletcher – sta per scadere.
