Corleone, 8 dicembre 2025 – Una madre, Lucia Pecoraro, 78 anni, ha ucciso la figlia disabile Giuseppina Milone, 47 anni, e poi si è tolta la vita. È successo sabato 6 dicembre, in una casa di via San Martino, a pochi passi dal centro di Corleone, provincia di Palermo. A scoprire la tragedia sono stati i soccorritori, intervenuti dopo che i familiari non riuscivano più a mettersi in contatto con loro. La scena che si sono trovati davanti – due vite spezzate e una lettera d’addio – ha lasciato senza parole anche i carabinieri più esperti.
Una lettera di scuse e la fatica di ogni giorno
Sul tavolo della cucina c’era una busta bianca. Dentro, poche righe scritte a mano: “Scusatemi, ma non ce la faccio più. Chiedo perdono a tutti”. Questo è stato l’ultimo messaggio di Lucia Pecoraro, rivolto ai parenti e forse a tutta la comunità. I nipoti, che per primi hanno dato l’allarme intorno alle 9 del mattino, raccontano che da tempo la donna appariva stanca, provata dalla gestione quotidiana della figlia. Giuseppina soffriva di una grave disabilità motoria e cognitiva. Dopo la morte del marito Salvatore Milone, ex infermiere dell’ospedale dei Bianchi, Lucia era rimasta da sola a prendersi cura di lei.
Un aiuto che non basta, e la solitudine che pesa
Anche se c’era il sostegno di una cugina e di alcuni volontari del paese – “facevano quel che potevano”, ha detto un vicino – la situazione restava difficile. Lucia si prendeva cura di Giuseppina giorno e notte, senza quasi mai una pausa. “Era una donna forte, ma negli ultimi mesi era cambiata”, racconta Maria, una conoscente che la incontrava spesso al mercato. “Aveva uno sguardo spento, come se portasse un peso troppo grande”. Nessuno però avrebbe mai immaginato che potesse finire così.
Un pellegrinaggio a Pompei e segnali ignorati
Pochi giorni fa, Lucia e Giuseppina avevano partecipato a un pellegrinaggio a Pompei con un gruppo religioso di Corleone. Al ritorno, secondo le testimonianze raccolte tra i parrocchiani, la figlia sembrava più stanca del solito. “Faceva fatica ad alzarsi dal letto”, confida una volontaria. Eppure, nessuno aveva colto segnali così preoccupanti. “Lucia non si lamentava mai apertamente”, aggiunge la stessa persona. “Diceva solo che era stanca”.
Un gesto calcolato, il dolore di un’intera comunità
Secondo le prime indagini dei carabinieri di Corleone, l’omicidio-suicidio è stato pianificato. La lettera lasciata da Lucia non lascia spazio a dubbi: chiedeva perdono ai familiari e spiegava di non farcela più a reggere il peso della situazione. I militari hanno trovato Giuseppina senza vita nel suo letto; Lucia si era impiccata poco dopo sul terrazzo. Sul posto sono arrivati anche i soccorsi del 118, ma per entrambe non c’era più niente da fare.
Il silenzio che segue una tragedia
La notizia ha fatto rapidamente il giro del paese. Davanti alla casa di via San Martino si sono radunate decine di persone: amici, vicini, conoscenti. “Non ci sono parole”, ha detto don Salvatore Lo Bianco, parroco della chiesa madre. “Lucia era una donna devota, sempre presente alle messe. Nessuno avrebbe mai immaginato un dolore così grande”. Il sindaco Nicolò Nicolosi ha espresso il cordoglio dell’amministrazione: “Siamo vicini alla famiglia in questo momento così difficile”.
Un dramma che fa riflettere tutti
Questa storia ha riacceso il dibattito sull’assistenza alle persone con disabilità e su chi li accudisce ogni giorno. Molti, tra cui rappresentanti delle associazioni locali, hanno sottolineato che casi come questo spesso nascono dalla solitudine e da un aiuto insufficiente. “Non basta la buona volontà di pochi”, ha detto una volontaria della Misericordia di Corleone. “Servono strutture adeguate e servizi continui”.
Nel silenzio che avvolge via San Martino restano tante domande senza risposta e il dolore di un’intera comunità. Un dramma privato che diventa di tutti e che chiede a gran voce attenzione vera alle fragilità nascoste dietro le porte delle nostre case.
