L’IA svela il segreto dei fisionomisti: perché ricordano meglio i volti

L'IA svela il segreto dei fisionomisti: perché ricordano meglio i volti

L'IA svela il segreto dei fisionomisti: perché ricordano meglio i volti

Giada Liguori

Dicembre 8, 2025

Sydney, 8 dicembre 2025 – Riconoscere un volto non dipende tanto da quanto tempo lo guardiamo, ma da dove posiamo lo sguardo. È questa la scoperta dei ricercatori dell’Università del Nuovo Galles del Sud in Australia, che hanno pubblicato i risultati su Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences. Tra settembre 2023 e febbraio 2024, nei laboratori di Sydney, hanno coinvolto 37 “super riconoscitori” e 68 persone con capacità normali. L’obiettivo? Scoprire il vero segreto di chi, in mezzo alla folla, non scorda mai un volto.

I super riconoscitori: occhi sempre puntati sui dettagli giusti

I super riconoscitori sono individui capaci di identificare e ricordare volti con una precisione fuori dal comune. Nel test, ai partecipanti venivano mostrate foto di volti su uno schermo, mentre una tecnologia di tracciamento oculare registrava ogni loro movimento. “Volevamo capire – spiega James Dunn, primo autore dello studio – se la differenza stava nel tempo che passano a guardare o nel modo in cui osservano”.

I dati hanno mostrato che i super riconoscitori non fissano i volti più a lungo degli altri. Invece, i loro occhi si muovono con più ampiezza e strategia, soffermandosi su punti precisi: la distanza tra gli occhi, la forma delle sopracciglia, la linea della mascella. “Non è questione di guardare più a lungo – aggiunge Dunn – ma di cogliere subito i dettagli che contano”.

Macchine contro umani: quando l’occhio fa la differenza

Per approfondire, i ricercatori hanno trasferito i dati del tracciamento oculare in nove diverse reti neurali già allenate a riconoscere volti. A queste intelligenze artificiali è stato chiesto di decidere se due foto ritraessero la stessa persona.

Il confronto con i risultati umani ha rivelato una differenza netta. Le AI che imitavano il modo di osservare dei super riconoscitori davano risultati migliori rispetto a quelle che seguivano i pattern di chi osserva normalmente. “Abbiamo capito che il modo in cui si esplora un volto conta anche per le macchine”, dice Dunn. “L’algoritmo che copia la strategia dei super riconoscitori funziona meglio”.

Un talento naturale, non un trucco da imparare

Molti si chiedono se sia possibile imparare a riconoscere i volti come i super riconoscitori. La risposta dello studio è chiara: “Non è un trucco che si può insegnare”, ammette Dunn. “È un modo automatico e dinamico di cogliere ciò che rende unico ogni volto”. Insomma, sembra un dono innato, forse legato a fattori genetici o a particolari caratteristiche del cervello.

Durante i test, alcuni volontari hanno detto di “sentire” subito se un volto era familiare, senza sapere spiegare il perché. Altri invece hanno faticato a distinguere tratti simili, anche dopo averli guardati a lungo. “È come avere una bussola interna che ti guida verso i dettagli giusti”, ha raccontato uno dei super riconoscitori.

Impatto su sicurezza e tecnologia

Le scoperte hanno molte applicazioni pratiche. Nel campo della sicurezza e della sorveglianza, per esempio, i super riconoscitori sono già usati per individuare sospetti o persone scomparse. Ora, grazie a questo studio, sarà possibile migliorare anche gli algoritmi delle intelligenze artificiali dedicate al riconoscimento facciale.

“Capire davvero come funziona l’occhio umano può aiutare le macchine a diventare più precise”, sottolinea Dunn. Ma, almeno per ora, il talento dei super riconoscitori resta qualcosa di raro. Un dono naturale che, dicono gli scienziati, non si può riprodurre semplicemente con l’allenamento.

Nel frattempo, in attesa di nuove ricerche – e magari di tecnologie ispirate all’occhio umano – il mistero del volto resta in parte irrisolto. Ma oggi sappiamo un po’ di più su come funziona la memoria visiva delle persone fuori dal comune.