Toronto, 9 dicembre 2025 – Il G7 Finanze riunito oggi in Canada ha acceso i riflettori sul crescente peso della Cina nel controllo delle materie prime critiche, sollevando serie preoccupazioni tra i ministri delle Finanze dei Paesi membri. L’incontro, iniziato alle 9 del mattino nella sala conferenze del centro congressi di Toronto, ha visto la presentazione di uno studio commissionato dal governo canadese che dipinge uno scenario ormai definito “allarmante” dagli esperti.
Cina e materie prime critiche: i dati che fanno tremare il G7
Da quanto riferito da fonti del Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, lo studio mostra come quasi tutte le risorse chiave – cobalto, litio, grafite e terre rare – siano ormai nelle mani di Pechino, direttamente o indirettamente. “Se a questo aggiungiamo l’over capacity cinese già denunciata nei mesi scorsi, il pericolo diventa una valanga”, spiegano le stesse fonti, evidenziando come la questione sia stata sollevata con forza anche dal ministro italiano Giancarlo Giorgetti.
Il dossier, discusso a porte chiuse tra i rappresentanti di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Giappone, contiene dati aggiornati al terzo trimestre 2025. In particolare, emerge che la Cina detiene oltre il 70% della produzione mondiale di terre rare e più del 60% della raffinazione globale di litio. Numeri che, secondo i tecnici al tavolo, potrebbero mettere in seria difficoltà le filiere industriali occidentali nei prossimi anni.
Giorgetti: “L’allarme non è una novità”
“Giorgetti aveva già lanciato l’allarme mesi fa, anche all’interno del G7”, ricordano al Mef. Il ministro italiano, arrivato ieri sera a Toronto con la delegazione tecnica, ha ribadito la necessità di una risposta coordinata tra i Paesi occidentali. “Non possiamo permetterci di dipendere così tanto da un solo attore globale”, avrebbe detto durante il suo intervento, secondo un funzionario presente.
Anche altri ministri hanno espresso preoccupazione. Janet Yellen, segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, ha chiesto “un’azione comune per diversificare le catene di approvvigionamento”. Il ministro francese Bruno Le Maire ha parlato di “una sfida strategica che riguarda la sicurezza economica dell’Occidente”. Il clima della discussione è stato definito “serio e pragmatico” da una fonte diplomatica tedesca.
Over capacity cinese: la produzione che mette in crisi i mercati
Al centro del dibattito è tornato il tema dell’over capacity cinese, cioè la produzione industriale superiore alla domanda interna ed estera. Secondo lo studio, Pechino ha aumentato del 15% la produzione di batterie al litio e componenti elettronici rispetto al 2024, saturando i mercati globali e facendo calare i prezzi. Una mossa che, secondo gli analisti canadesi, potrebbe danneggiare le imprese occidentali e creare nuove dipendenze.
I mercati hanno reagito con prudenza: a metà giornata la Borsa di Francoforte ha segnato un calo dello 0,8%, mentre il settore tech a Wall Street è rimasto sotto pressione. “Gli investitori temono nuove tensioni commerciali”, ha spiegato un trader di Bay Street, Toronto. Solo nel pomeriggio si è vista una leggera ripresa.
Il G7 pensa a diversificare: nuove alleanze e riciclo
La dipendenza dalle materie prime critiche sarà il nodo centrale nei prossimi mesi. Dal vertice è emersa la volontà dei Paesi del G7 di rafforzare i legami con fornitori alternativi – Australia, Cile e alcune nazioni africane – e di investire nelle tecnologie per il riciclo dei materiali strategici. “Serve una risposta rapida e concreta”, ha sintetizzato un funzionario giapponese.
L’avanzata asiatica nei mercati globali delle materie prime, hanno sottolineato diversi partecipanti, rappresenta un rischio non solo per l’Europa ma per tutta la stabilità economica dell’Occidente. Il prossimo appuntamento è fissato a Parigi, a marzo 2026: allora si vedrà se alle parole seguiranno i fatti.
