Roma, 9 dicembre 2025 – Sono 67 i giornalisti uccisi nel mondo nell’ultimo anno, quasi la metà nella Striscia di Gaza, sotto il fuoco delle forze israeliane. Questo è il quadro che emerge dal rapporto annuale pubblicato oggi da Reporter senza frontiere (RSF). Il documento, che copre il periodo dal primo dicembre 2024 al primo dicembre 2025, mette in luce un mestiere che resta tra i più pericolosi, soprattutto nelle zone di guerra e dove la criminalità organizzata è padrona.
Gaza, il cuore della violenza contro i cronisti
I dati di RSF parlano chiaro: 67 giornalisti uccisi in dodici mesi, un numero in crescita rispetto all’anno precedente. “Il ritorno di un aumento così netto è dovuto alle violenze delle forze armate, sia regolari che irregolari, e della criminalità organizzata”, si legge nel rapporto. La situazione più drammatica si registra proprio nella Striscia di Gaza, dove quasi metà delle vittime è stata colpita “sotto il fuoco delle forze israeliane”, secondo RSF.
Il conflitto tra Israele e Hamas, esploso con violenza nell’ottobre 2024, ha trasformato Gaza in uno dei posti più pericolosi al mondo per chi racconta la guerra. Le testimonianze raccolte parlano di giornalisti presi di mira mentre documentavano bombardamenti o cercavano di raggiungere le zone più colpite. “I giornalisti non muoiono per caso, vengono uccisi”, sottolinea l’organizzazione, puntando il dito contro i responsabili.
Giornalisti nel mirino in tutto il mondo
Non è solo Gaza a segnare queste cifre drammatiche. Il rapporto di RSF mostra come i rischi siano alti anche in altri luoghi segnati da criminalità organizzata o conflitti interni. In America Latina, ad esempio, diversi reporter sono stati assassinati mentre indagavano su traffici illegali o corruzione politica. In Messico, almeno sette cronisti sono stati uccisi in circostanze sospette, spesso dopo aver ricevuto minacce.
Anche in Africa e in alcune zone dell’Asia la situazione è difficile. Paesi come Sudan e Afghanistan vedono giornalisti presi di mira da milizie o gruppi estremisti. “Le violenze da parte di forze armate, regolari o meno, sono una costante”, ha spiegato Christophe Deloire, segretario generale di RSF, durante la presentazione del rapporto a Parigi.
Impunità e silenzio: una ferita aperta
Il dato che più preoccupa è l’impunità. Nella stragrande maggioranza dei casi, gli assassini restano impuniti, senza indagini serie e senza processi. “La mancanza di giustizia crea paura e porta all’autocensura”, ha detto Deloire. Organizzazioni internazionali come l’ONU e l’Unione Europea hanno più volte chiesto alle autorità di proteggere i giornalisti e di assicurare i responsabili alla giustizia.
A Gaza, nelle ultime settimane, tanti colleghi hanno raccontato – anche sui social – quanto sia difficile lavorare in condizioni estreme. “Non sappiamo se torneremo vivi a casa”, ha confidato un reporter palestinese raggiunto da alanews.it. Le immagini dei giubbotti antiproiettile con la scritta “Press” che diventano bersaglio sono ormai il simbolo di un mestiere sotto assedio.
Un mestiere rischioso ma indispensabile
Il rapporto di Reporter senza frontiere si chiude con un appello chiaro: “Difendere chi informa significa difendere la libertà di tutti”. Nel 2025, fare il giornalista resta uno dei lavori più rischiosi, tra minacce fisiche e psicologiche. Eppure, nonostante tutto, sono ancora tanti quelli che scelgono di raccontare quello che succede nei luoghi più difficili del pianeta. Una scelta che spesso si paga con la vita.
