Tasse sul lavoro: l’Italia guida la classifica dell’Ocse con introiti record

Tasse sul lavoro: l'Italia guida la classifica dell'Ocse con introiti record

Tasse sul lavoro: l'Italia guida la classifica dell'Ocse con introiti record

Matteo Rigamonti

Dicembre 9, 2025

Roma, 9 dicembre 2025 – La pressione fiscale nei Paesi Ocse ha toccato un nuovo massimo nel 2024. A dirlo è il rapporto annuale sulle “Statistiche degli introiti pubblici 2025”, pubblicato oggi dall’Ocse di Parigi. Il dato medio tra imposte e Pil nei 36 Stati membri è salito al 34,1%, con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto all’anno prima. Dopo due anni di calo, questo segna un’inversione di tendenza. Per l’Italia, significa il livello più alto degli ultimi anni.

Pressione fiscale, un nuovo record nell’Ocse

Il rapporto uscito questa mattina mostra come la crescita della tassazione sul lavoro e di altre imposte abbia spinto gli incassi fiscali a livelli mai visti. Il rapporto tra imposte e Pil cambia molto da Paese a Paese: si va dal 18,3% del Messico, fanalino di coda, fino al 45,2% della Danimarca, prima in classifica per carico fiscale. L’Italia si trova nella parte alta della graduatoria, un dato che non passa inosservato tra gli esperti e gli operatori economici.

Italia, imposte ai massimi dal 2022

Nel nostro Paese, il rapporto tra imposte e Pil è arrivato al 42,8% nel 2024, in crescita rispetto al 41,5% del 2023 e al 42% del 2022. Dietro questo aumento, spiegano fonti del Ministero dell’Economia, c’è la ripresa dell’attività produttiva post-pandemia e l’effetto di alcune misure fiscali introdotte negli ultimi due anni. “Il dato va letto considerando le riforme in corso e la necessità di sostenere la spesa pubblica”, ha detto un funzionario del Tesoro, ricordando che, rispetto al resto del mondo, l’Italia si posiziona tra i Paesi con la pressione fiscale più alta sul Pil.

Le differenze tra Paesi: il caso Messico e Danimarca

La distanza tra i vari sistemi fiscali rimane ampia. In Messico, la pressione fiscale si ferma al 18,3%, quasi la metà della media Ocse. Secondo alcuni, questo riflette una struttura produttiva meno formalizzata e una capacità di riscossione più limitata da parte dello Stato. All’estremo opposto c’è la Danimarca, con una pressione superiore al 45%, sostenuta da un modello di welfare molto esteso. “Il sistema danese offre servizi pubblici universali grazie a una tassazione elevata”, spiega un ricercatore dell’Università di Copenaghen.

Le cause dell’aumento: lavoro e riforme

L’Ocse attribuisce l’aumento della pressione fiscale soprattutto alla crescita degli introiti derivanti dal lavoro dipendente e dalle imposte indirette. In diversi Paesi europei, Italia compresa, la ripresa dell’occupazione ha fatto salire le entrate fiscali. Ma pesano anche le riforme adottate per rafforzare i bilanci pubblici dopo la crisi legata alla pandemia. “Molti governi hanno dovuto trovare un equilibrio tra la ripresa economica e il finanziamento dei servizi essenziali”, si legge nel rapporto.

Cosa significa per l’economia italiana

L’aumento della pressione fiscale riapre il dibattito sulla sostenibilità del sistema tributario e sulla competitività delle imprese. Alcuni esperti sentiti da alanews.it avvertono che un carico così alto potrebbe frenare gli investimenti e ridurre i consumi. “Un livello così elevato di tassazione rischia di bloccare la crescita”, commenta un economista della Bocconi. Altri però ricordano che la priorità resta garantire risorse per sanità, scuola e infrastrutture.

Cosa ci aspetta e le reazioni

Il rapporto dell’Ocse sarà al centro delle discussioni nelle prossime settimane, sia in Europa che in Italia. Il Ministero dell’Economia ha già fatto sapere che valuterà possibili interventi per alleggerire il carico fiscale sulle fasce più deboli. Intanto, sindacati e associazioni d’impresa chiedono un confronto chiaro sulle priorità della prossima legge di bilancio. Solo allora si potrà capire se il record del 2024 sarà un punto di svolta o l’inizio di una nuova fase per la fiscalità italiana ed europea.