Phnom Penh, 9 dicembre 2025 – Almeno sei civili cambogiani hanno perso la vita nelle ultime 24 ore al confine tra Cambogia e Thailandia, dove nuovi scontri hanno visto coinvolti l’esercito thailandese e la popolazione locale. A confermare il bilancio, ancora drammatico, è stato questa mattina il ministero della Difesa di Phnom Penh. La provincia di Banteay Meanchey resta così al centro di una tensione che non accenna a diminuire, con la notte scorsa segnata dagli episodi più gravi.
Spari nella notte lungo la strada nazionale 56: due nuovi morti
Il ministro cambogiano della Difesa ha raccontato in un post su Facebook, pubblicato alle 7.30 ora locale, che i militari thailandesi hanno aperto il fuoco dopo mezzanotte lungo la strada nazionale 56. Questa strada è una delle vie principali che collegano il confine con l’interno del Paese. “Due civili sono stati uccisi mentre erano sulla carreggiata”, ha scritto il ministro, spiegando che stavano cercando di raggiungere il villaggio di O’Chrov, a pochi chilometri dal confine.
Questi due nuovi morti si sommano alle quattro vittime già registrate ieri, portando il totale a sei in meno di due giorni. Diversi abitanti della zona, sentiti telefonicamente da alanews.it, hanno descritto “colpi improvvisi, esplosioni e panico tra la gente”. Molte famiglie hanno lasciato le proprie case nelle ore successive agli scontri.
Governo cambogiano chiede spiegazioni, Bangkok tace
Il governo della Cambogia ha definito l’episodio “un atto grave” e ha chiesto chiarimenti ufficiali a Bangkok. In una nota diffusa dal portavoce del ministero degli Esteri, si legge che “la Cambogia condanna con fermezza l’uso della forza contro civili disarmati” e invita la Thailandia a “rispettare gli accordi bilaterali sul controllo delle frontiere”.
Dall’altra parte, le autorità thailandesi non hanno ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali. Un funzionario militare della provincia di Sa Kaeo, contattato da Reuters, ha detto che “sono in corso controlli interni” per capire cosa sia successo. Fonti diplomatiche a Bangkok riferiscono che la tensione è salita negli ultimi giorni, a causa di presunti sconfinamenti e traffici illeciti nella zona.
Un confine fragile, tra vecchie tensioni e controlli deboli
La provincia di Banteay Meanchey, nel nord-ovest della Cambogia, è da tempo un punto caldo nei rapporti con la Thailandia. Il confine, lungo più di 800 chilometri, attraversa zone rurali spesso poco sorvegliate. In passato, episodi simili hanno già scatenato incidenti e accuse reciproche.
Secondo esperti internazionali, come il ricercatore francese Jean-Baptiste Galland dell’Asian Border Studies Institute, “il confine tra Cambogia e Thailandia resta uno dei più instabili del Sud-Est asiatico”. Galland sottolinea che “le dispute territoriali mai risolte del tutto e la presenza di gruppi armati locali complicano la sicurezza dei civili”.
Paura e fuga nei villaggi lungo la strada nazionale 56
Sul posto la tensione è palpabile. Questa mattina molti villaggi lungo la strada nazionale 56 erano quasi deserti. Testimoni raccontano di colonne di fumo al confine e movimenti insoliti di mezzi militari. “Abbiamo paura che tutto possa ripetersi”, confida una donna di 42 anni di Poipet, che ha chiesto di restare anonima.
Le organizzazioni umanitarie della zona hanno lanciato un appello per proteggere i civili e garantire l’accesso agli aiuti. Save the Children Cambogia stima che almeno 300 persone siano state costrette a lasciare le proprie case nelle ultime ore, tra cui molte donne e bambini.
La comunità internazionale segue con apprensione
La situazione al confine tiene sotto osservazione la comunità internazionale. L’ambasciata degli Stati Uniti a Phnom Penh ha invitato entrambe le parti alla calma e al dialogo. Anche l’ONU, attraverso il portavoce del Segretario generale António Guterres, ha espresso “profonda preoccupazione per la perdita di vite umane” e chiesto una verifica indipendente sugli scontri.
Per ora, il confine tra Cambogia e Thailandia resta sotto stretto controllo. Le autorità locali hanno aumentato i controlli e invitato la popolazione a evitare spostamenti non necessari nelle zone più esposte. Ma per chi vive vicino alla frontiera, la paura resta ben presente e difficile da scrollarsi di dosso.
